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[ESCLUSIVA] Andrea Lo Cicero, ex pilone Italia: “Il rugby ti insegna che tifare per una squadra non vuol dire odiarne un’altra – Lazio-Juve? Da tripla”
ROMA – Nato a Catania nel 1976, Andrea Lo Cicero, soprannominato ‘il Barone’, per le sue discendenze nobiliari, si avvicina al mondo del rugby grazie a Pippo Puglisi insegnante di educazione fisica e fratello di Antonio ‘Nino’ Puglisi, già nazionale negli anni settanta. Uno sport di cui l’atleta siciliano si innamora subito. Una carriera quasi ventennale alle spalle, nella quale ha indossato con orgoglio anche la maglia biancoceleste. Colori che gli sono rimasti nel cuore. Allenatore, ambasciatore UNICEF, testardo e determinato, con una grande passione per le moto e le auto, Lo Cicero racconta la sua lazialità in esclusiva per Laziopress.it.
Hai dedicato la tua vita al rugby, ma segui anche il calcio, in particolare la Lazio. Da dove nasce la tua lazialità?
“Conosco molti calciatori della Lazio e grazie a loro mi sono avvicinato al calcio. Li seguo spesso, anche se devo dire che non guardo soltanto la Lazio, avendo tanti amici che giocano anche in altre squadre di Serie A. Mi piace lo sport in generale, sono un uomo di sport e per questo mi piace vedere gli atleti che si applicano al 100 %, come fanno i ragazzi che ho avuto modo di conoscere”.
Come ben sai nel calcio c’è molta rivalità cittadina. Hai giocato per un anno nella Lazio rugby. Come vengono vissuti lì i derby?
“Non mi è capitato di affrontare la Roma dato che eravamo in due categorie differenti. Non p0sso quindi fare questo confronto con il calcio. Ho vissuto altri derby, ma non è la stessa cosa di Lazio-Roma”.
Quanto è importante, nel rugby così come nel calcio la figura dell’allenatore e che idea ti sei fatto di Pioli?
“Penso che l’allenatore, in qualsiasi tipo di sport, rappresenti gli occhi della squadra. Dà sicuramente delle indicazioni importanti, ma è il giocatore quello che scende in campo. Si deve essere responsabili e sfruttare al meglio i consigli che il tecnico dà nel corso degli allenamenti. Vivendo però la gara, molto dipende dall’atleta”.
Nella Lazio di oggi, nonostante tante difficoltà, c’è un giocatore che è ancora fondamentale: Stefano Mauri. Tu che lo conosci bene, ce lo descrivi?
“E’ un giocatore che ha sempre dimostrato grande fedeltà verso la maglia biancoceleste. Lo rispetto molto come amico e come calciatore. Mi fa molto piacere conoscerlo e so quanto tiene a questa squadra”.
Si dice che il calcio italiano sia in crisi: stadi vuoti e meno spazio a giovani italiani. Anche nel rugby è così? Cosa si può fare per migliorare?
“Questa non è una domanda semplice. Il calcio è in crisi perchè è lo sport più seguito e ovviamente sono tanti coloro che vogliono metterci le mani e guadagnare qualcosa. La mancanza di grandi professionisti può portare a grossi problemi, soprattutto per quanto riguarda i singoli club. Per quanto riguarda la tifoseria invece, purtroppo, ci sono ancora molte persone che dicono di amare lo sport ma poi fanno altro. Tanti delinquenti che dovrebbero essere allontanati. Se lo Stato riuscisse in questa impresa e il calcio puntasse più su gente competente, come possono essere alcuni ex calciatori, allora probabilmente torneremmo a proporre uno sport positivo. Il rugby, a paragone, è un’oasi felice. Non ci sono mai problemi simili. Riempiamo sempre l’Olimpico e non lo roviniamo, al contrario di quello che si possa dire. E’ chiaro che se il manto erboso è appena stato rizollato si rovina, ma sarebbe lo stesso anche giocandoci a calcio”.
Prossima gara Lazio-Juventus. Che risultato ti aspetti?
“Mi auguro di vedere una grande partita. Conosco anche molti giocatori juventini e non so fare un pronostico. Il rugby ti insegna che tifare per una squadra non vuol dire odiarne un’altra. Posso infatti seguire un club e allo stesso tempo apprezzarne altri. Questo purtroppo nel calcio non esiste. Si fanno raffronti continui e noi non siamo abituati così”.
Per salutarti, che ricordo hai del tuo anno alla Lazio?
“La Lazio ha significato per la mia carriera un passaggio importante .Avevo dei problemi con la mia ex squadra e la Lazio mi ha aperto le porte, dandomi la possibilità di calcare nuovamente campi internazionali”.
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ESCLUSIVA | 26maggio, Crecco: “Giornata unica, io mi ero affidato a Radu”. E su Sarri…
26 maggio 2013, una data indimenticabile. Sono passati 10 anni dal giorno in cui la Capitale ha visto le due compagini della Città contendersi il trofeo più importante della storia calcistica capitolina: la Lazio ha battuto la Roma 1-0 nella finale di Coppa Italia con un gol di Lulic al 71esimo. Parole che a distanza di tempo risuonano come un mantra: tutti ricordano dov’erano il giorno del derby, come hanno vissuto l’attesa e come sono stati i festeggiamenti. Tutti ricordano la tensione e la gioia smisurata. E a raccontare i dettagli di quella giornata memorabile è stato uno dei protagonisti di quella rosa: Luca Crecco, all’epoca giovanissimo, ha alzato al cielo la Coppa da calciatore e da tifoso, un binomio che ha reso quei momenti ancora più emozionanti.
Stamattina aprendo i social si può notare che impazza un trend…
“E’ tutto biancoceleste. In verità è da un po’ di giorni che è così, da quando la Società ha iniziato a ricordare attraverso i video la marcia di avvicinamento a quella finale. Bellissimi i social colorati in questo modo“.
E il risveglio del 26 maggio di 10 anni fa com’è stato?
“E’ stata una giornata che non dimenticherò mai. Viverla in quel modo, da laziale, non ha prezzo. Ricordo ogni minimo istante, soprattutto il triplice fischio quando siamo corsi tutti in campo. Il giorno dopo, appena sveglio, ancora non avevo realizzato cosa fosse accaduto. Avevamo passato una serata fantastica, con i festeggiamenti in pullman fino a tardi. Giornata unica“.
Eri il più giovane della rosa del 26 maggio, chi è stato il calciatore che ti ha fatto da guida in quei giorni?
“Ero un ragazzino, avevo 17 anni, ero al mio primo anno in pianta stabile in prima squadra. Ricordo che c’era una tensione incredibile e ogni calciatore stava un po’ sulle sue, era una partita troppo sentita. Avevo legato, oltre che con Strakosha che era salito con me dalla Primavera, con Radu, che mi ha sempre aiutato in tutto e mi ha fatto crescere anche come uomo. Mi ero affidato molto a lui, ma anche lui sentiva tanto la partita“.
La partita l’avete cominciata a sentire già dalla semifinale vinta con la Juventus?
“Il pensiero del derby è arrivato dopo. Archiviata la gara con la Juve abbiamo solo pensato ai festeggiamenti, perché avevamo ottenuto la finale superando una squadra fortissima. E come l’abbiamo superata poi, all’ultimo minuto. Ritrovarsi in finale la Roma è stato un bel colpo, ma tutto bene quel che finisce bene“.
Passando all’attualità, la Lazio di oggi era preventivabile vederla in questa posizione di classifica?
“Ci speravo. La squadra è collaudata ormai da anni, alcuni calciatori giocano insieme da tempo e si conoscono bene. Quest’anno si è vista davvero una Lazio importante, la mano di Sarri è statafondamentale“.
Ci vedremo presto a Roma?
“Al momento sono a Roma e domenica sarò all’Olimpico, a Formello un domani chissà… è difficile, ma la speranza è l’ultima a morire“.
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