Grande esclusiva della redazione de “I Laziali Sono Qua”, trasmissione radiofonica in onda dal lunedì al sabato dalle 10 alle 13 sugli 88.100 FM, che ha contattato
Stefano Di Chiara, ex difensore della Lazio dal 1973 al 1976, attualmente allenatore.
Stefano tu sei un laziale doc. Sei nato e cresciuto nelle nostre Giovanili, hai vinto il Campionato Primavera 1975-76 e sei arrivato ad esordire in Prima Squadra. Che differenze ci sono tra il tuo calcio e quello attuale?
Enormi. Era un’altra epoca, tempi migliori. Al giorno d’oggi, dalla politica in giù, quindi anche nel calcio, governa chi non dovrebbe governare. Ci tengo a sottolineare un aspetto. In quegli anni i Derby Primavera si giocavano tra 11 romani laziali e 11 romani romanisti. Oggi tutto questo non esiste più. Non si dà più il giusto valore ai giocatori italiani e si prendono troppi stranieri già a partire dai Settori Giovanili. Gente come Morrone e Carosi, non ti insegnavano solo a giocare, ma anche a vivere. Ti trasmettevano lo spirito di appartenenza al club.
Sei contento che un laziale come Danilo Cataldi stia giocando in pianta stabile tra i titolari?
Assolutamente sì, ma anche qua avrei molto da ridire. Ci abbiamo messo due anni per farlo giocare. Perchè i giovani talenti non si fanno giocare subito? Si parla di processo di maturazione, ma se non ti fanno giocare, come fai a maturare?
Qual è stato il momento più bello che hai vissuto da laziale?
Lo Scudetto del 1974. Non ero protagonista data la giovane età, ma spesso e volentieri anche noi ragazzi ci allenavamo con i titolari. Mi dispiace solo che siano state mal gestite diverse situazioni. Con una Prima Squadra così forte, e una Primavera come la nostra, si poteva creare un ciclo vincente. C’era gente come Giordano, Manfredonia, Agostinelli…
Veniamo al 30 aprile del 1986, giorno di quel famoso Roma-Lecce 2-3 che costò lo Scudetto alla Roma. Sia tu che tuo fratello Alberto eravate in campo per il Lecce. Non solo. Tuo fratello, a differenza tua di fede romanista, segnò anche uno dei tre gol.
Sì, anche se devo dire una cosa. Alberto andò alla Roma e divenne uno di loro a causa della mia cessione alla Pistoiese. Vi spiego. All’epoca non c’erano i procuratori. Io ero rappresentato da mio padre, che ci rimase molto male per la mia cessione, concretizzata dopo la morte di Maestrelli. Si legò al dito questa cosa e appena ebbe l’opportunità la fece pagare all’allora dirigenza della Lazio. Svelata questa storia, ci tengo a sottolineare che quel Lecce retrocesse con tre campioni del mondo in rosa: Barbas, Pasculli e Causio. Tanto per far capire il livello di quella Serie A rispetto a quella mediocre di oggi. Con tre campioni del mondo in squadra retrocedevi. La Roma arrivò troppo sicura di sè e pagò questo atteggiamento.
Venendo all’attualità, come vedi la Lazio di oggi?
Sono contento di questa domanda, perchè devo riconoscere che la Lazio sta andando oltre le più rosee previsioni. E’ stato fatto un ottimo mercato in estate. De Vrij, Basta, Parolo, Djordjevic, l’inserimento definitivo di Cataldi… Certo per il terzo posto sarà dura, ma può giocarsela. Inoltre ha trovato in Pioli un ottimo tecnico, uno che ha fatto tanta gavetta, cosa che ormai non fa più nessuno e che invece a mio avviso è fondamentale.
Da ex difensore e allenatore, cosa pensi di De Vrij?
Sta dimostrando di essere un ottimo centrale. Era stato eletto miglior difensore del Mondiale e sta confermando di essere un prospetto di campione. Se non altro perchè, nonostante i 23 anni, dimostra di avere una certa personalità, una parola che sembra bandita al giorno d’oggi.
A chi sei rimasto più legato del mondo Lazio?
A Bruno Giordano. Ogni tanto scherziamo su quanti gol avrebbe potuto fare con i difensori di oggi, minimo tre/quattro a partita. Se penso che Ranocchia è il capitano dell’Inter mi viene da ridere. Ma vi immaginate difensori di questo livello che marcano gente come Riva, Boninsegna o Chinaglia? E fanno pure i capitani!