Per Lei Combattiamo
La guerra degli striscioni: ecco perché vietarli
Basta un giro negli stadi d’Europa per capire. Coreografie meravigliose, “sciarpate” da brividi e, soprattutto, zero striscioni. Zero, perché non si usa e perché non si può. E perché, soprattutto, non c’è nessun tifoso che si arroghi il diritto di dettare al suo club di riferimento la linea societaria. Altra vita, ovviamente, lontana anni luce dell’italian style, dal nostro voler essere al centro dell’attenzione anche quando è un’attenzione che si attrae maldestramente. Insultando l’avversario – e in fondo questo è il minimo -, i morti e le loro famiglie o, più banalmente, suggerendo alla società il comportamento da tenere. Fatto sta che, grazie anche se non solo all’americano James Pallotta, da qualche giorno l’Italia del pallone si è svegliata e ha cominciato a valutare lapossibilità di vietare gli striscioni negli stadi. Reazione? Apriti cielo. Le Curve non si toccano.
Ma partiamo dal ground zero della questione: a cosa servono gli striscioni? Che utilità hanno? Concretamente, nessuna. Non fanno colore, non aiutano le squadre a migliorare le prestazioni, spesso non sono nemmeno simpatici. Servono, quindi, solamente al tifo più caldo per ribadire la propria centralità. Una centralità distorta, figlia spesso del ricatto – domanda banale per risposta banale: chi paga quando le curve fanno casino? Le società, ovviamente -, sopravissuta all’evoluzione del pallone, al calcio in tv, alle telecamere che inseguono i giocatori anche in bagno, alle misure già adottate ovunque, dall’Inghilterra alla Spagna per arrivare alla Germania. E noi in coda, come sempre, a prendere lezioni “d’americano” invischiandoci nella nostra mostruosa e onnipresente burocrazia. “Togliamo quelli offensivi”, è stata la prima reazione: e i messaggi “mafiosi” alle società? Ecco, appunto. Togliamoli tutti, invece. Ritroveremmo la passione più semplice e genuina delle sciarpe e delle coreografie. In fondo basta un giro negli stadi d’Europa per capire, per capire che siamo una volta ancora sbagliati.
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Onorato: “Prenderemo una decisione sul Flaminio. La Lazio è libera di fare lo stadio altrove”
Intervenuto ai microfoni di Radiosei, Alessandro Onorato l’assessore Alessandro Onorato si è espresso in merito alla situazione Flaminio legata alla Lazio.
Queste le sue parole:
“Parlando di impianti, è inutile discutere di Flaminio se il progetto non c’è. Il Comune di Roma è pronto ad affiancare e supportare il progetto, a seguire l’iter. Ma se il progetto non c’è, non possiamo parlarne.
Ovviamente il presidente Lotito è liberissimo di prendere o non prendere in considerazione il Flaminio, ci mancherebbe. Non vogliamo darlo per forza alla Lazio. Anzi, se Lotito avesse intenzione di farlo altrove, ci dicesse dove e siamo pronti a dare la stessa attenzione che abbiamo dato alla Roma. Lazio e Roma con stadi di proprietà sono un miglioramento importante. Fare uno stadio non è una passeggiata, ecco perché è giunta l’ora di non parlare del Flaminio tanto per parlarne. Ci sono troppe cose in ballo, troppi problemi da risolvere per banalizzare. Se la Lazio non mostrerà interesse, troveremo comunque un modo per ristrutturare il Flaminio. Tanto più che lo abbiamo messo tra le opere per i prossimi. Europei di calcio. Speriamo ovviamente di andare comunque a dama e di restituire l’impianto alla città e di esserci per vederlo. In chiusura, fortunatamente al Parco Lenzini la targa è al suo posto e speriamo possa rimanere li tranquilla per sempre.”
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