Arrivato a Roma, sponda biancoceleste, nella scorsa estate dopo un mondiale da protagonista con la sua Olanda, risultando alla fine il miglior difensore del torneo, Stefan de Vrij ci ha messo poco a conquistare tutti anche nella capitale. E’ cresciuto di partita in partita l’ex Feyenoord e Pioli gli ha affidato le chiavi della difesa. Un acquisto fondamentale quello del difensore Orange, destinato ad entrare ben presto nell’Olimpo dei migliori difensori del panorama calcistico europeo. Il numero 3 laziale, al De Telegraaf, si racconta, parlando con questi termini del percorso svolto nel suo primo anno nella capitale: “Credo di aver fatto grandi passi in avanti in Serie A. La gente dice che il mio modo di giocare è cambiato, ora sono molto più attivo. Come affronto le gare? Parlo tanto con il match analyst. Dopo una partita giocata discutiamo davanti alle immagini in preparazione della prossima sfida. Mi studio tutti i dati possibili e immaginabili degli avversari che incontrerò”. Un metodo che il centrale vorrebbe esportare in patria: “Studiare gli avversari ti mette già in vantaggio al fischio iniziale. In Italia il calcio è molto professionale. Si potrebbe davvero attuare anche in Olanda”. Poi, conclude parlando della crescita avuta nella prima stagione di Serie A: “Arjen Robben, Dirk Kuyt, Wesley Sneijder e Robin van Persie mi hanno sempre detto che all’estero impari davvero ciò che conta per un calciatore, anche dal punto di vista fisico. Non so perché nel mio Paese non c’è questa mentalità. Guardate Mauri (35 anni, ndr) e Klose (37, ndr) alla Lazio, vedete con i vostri occhi come stanno. Anche la mentalità conta. Io non sono mai stato un talento speciale, nessuno pensava che potessi raggiungere 25 partite con la Nazionale. E invece ci sono riuscito a 23 anni, perché ho lavorato tanto per questo obiettivo. Ma soprattutto ci ho sempre creduto”.

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