Per Lei Combattiamo
Il caos della Lega Pro al centro dei sospetti
La grande guerra nasce da piccoli episodi. Quella esplosa in Lega Pro vede molti protagonisti, votazioni bulgare, assemblee blindate alla stampa. E poi trame di conservatori e golpisti. Il potere è tutto qui, lontano dai riflettori: è un calcio pane e salame, in cui i tifosi delle squadre faticano a vedere i gol della loro squadra. È un calcio nascosto, perché nasconde un grande tesoro; nel portafoglio di voti che porta all’elezione del presidente federale la Lega Pro può garantire 17% dei consensi complessivi: lo chiamano calcio minore, ma alla fine regge l’intero apparato calcistico italiano. È qui che si gioca la partita del potere.
La guerra ha inizio con un dossier che il direttore generale della Lega Pro Francesco Ghirelli presenta al comitato direttivo il 5 settembre 2014. Il documento evidenzia numerose anomalie legate a «Calcio Servizi», la tesoreria della Lega Pro che distribuisce i proventi ai club. La spartizione – secondo il dossier – sarebbe iniqua, con cifre differenti per ogni club. La protesta monta, nell’Assemblea successiva le società chiedono spiegazioni al presidente Macalli che non ne fornisce licenziando in tronco Ghirelli.
La battaglia si acuisce a metà dicembre quando il bilancio 2014 non viene approvato: 40 club contrari, 25 favorevoli, 2 astenuti. È la scintilla che dà fuoco alle polveri: la Lega si spacca in due, il presidente Macalli viene sfiduciato da 28 club ma resta ugualmente in sella. Ma sulla votazione finale ci sono alcuni passaggi non troppo chiari: il direttivo impedisce all’Ascoli di esprimere il proprio voto per «mancanza di anzianità». L’Ascoli fa ricorso, ma la Corte federale non lo accoglie: «Inammissibile per carenza di interesse». Ma il voto dell’Ascoli avrebbe potuto spostare l’ago della bilancia, come quello del Barletta che – dopo aver votato con l’opposizione – nella stessa Assemblea chiedeva di poter rivotare spiegando «di aver capito male il meccanismo». Due giorni dopo il presidente del Barletta va dal notaio con gli ultrà, e cede loro il mandato per vendere le quote del club.
Macalli resta in carica, ma l’indagine relativa ai marchi sportivi del Pergocrema a fine aprile lo porta a un’inibizione di sei mesi a fronte degli otto mesi richiesti dalla Procura federale: un solo giorno in più di condanna lo avrebbe fatto decadere da ogni carica. Nel frattempo il dg Ghirelli – dopo essere stato licenziato per il dossier su «Calcio Servizi» – ha vinto la causa ed è stato reintegrato, ma è impossibilitato a lavorare perché gli viene impedito – per ordini superiori – di metter piede nella sede della Lega Pro. Già in serie difficoltà economiche, la Lega Pro è costretta a pagare due direttori generali.
In tutto questo non è ancora stato approvato il bilancio. La Procura federale ha in mano il dossier Ghirelli, ma ancora non si è ancora espressa. Il documento rischia di far crollare il presidente della Lega Pro Macalli – già inibito – che ha esaurito il bonus: basterebbe una squalifica di pochi giorni per disarcionarlo. Una situazione che può creare qualche problema anche al presidente federale Carlo Tavecchio. L’eventuale ascesa di Gravina e Ghirelli in Lega Pro sposterebbe infatti gli equilibri in Figc: gli oppositori (Aic e Assoallenatori rispettivamente al 20% e al 10%) hanno già in mano il 30%, l’eventuale cambiamento al vertice in Lega Pro sposterebbe il 17% e potrebbe l’opposizione al 49% considerando anche l’appoggio degli arbitri (2%).
Per ora sono solo ipotesi. Ma molto concrete. Intanto è stata fissata la prossima Assemblea che andrà in scena il 30 giugno. Sarà ultimo giorno utile per approvare il bilancio del 2014, sarà anche l’ultimo giorno utile per presentare l’iscrizione al prossimo campionato. La licenza per partecipare al torneo passa per l’approvazione del bilancio: nella migliore delle ipotesi sembrerebbe un voto di scambio. Nella peggiore, un ricatto con la pistola alla tempia.
Fonte: Il Tempo
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