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ESCLUSIVA – Fabio Vignaroli: “Mi insultavano anche le bandierine dei calci d’angolo, ma al posto dei tifosi lo avrei fatto anche io”

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Ha indossato la maglia con l’aquila sul petto per una sola stagione, quella 2007/2008 l’ultima volta del club laziale in Champions League, collezionando 9 presenze. Parliamo di Fabio Vignaroli, chi non ricorda il suo nome? Sicuramente non è stato l’acquisto top di quel 2007 ma ha cercato di dare sempre il massimo. La redazione di Laziopress.it ha contattato in esclusiva l’ex attaccante biancoceleste per parlare della sua avventura nella capitale e del rapporto difficile con i tifosi:

Attualmente di cosa ti occupi, sei ancora nel mondo del calcio?

“Ora ho smesso di giocare e svolgo il ruolo di direttore sportivo per una squadra che milita in  eccellenza,  la Sanremese, una società storica  in Liguria che ha un buon progetto per ripartire”.

Il ricordo più bello legato alla Lazio ?

“Per me è stato un premio andare alla Lazio, è stata una chiamata inaspettata perché avevo superato  i trent’anni. E’ stato bello, non  ho un ricordo in particolare”.

La cosa più divertente che ti ha detto un tifoso o un aneddoto che vuoi raccontare…

“Divertente ben poco. Al mio esordio con la maglia della Lazio, non ho avuto una bellissima accoglienza allo stadio, mi insultavano pure le bandierine del campo (ride). Con il passare del tempo mi sono ritagliato il mio spazio ed ho conquistato un po’ di affetto dai tifosi”.

Nel 2007 Lotito, in vista della Champions League, fu criticato molto perché rinforzò la rosa solo con te e Artipoli…

“Chiaramente i tifosi non si aspettavano noi per affrontare la Champions. Anche se alla fine  non abbiamo giocato perché eravamo fuori dalla lista Uefa. Le critiche? Giuste, è normale perché fanno parte del gioco. Avrei criticato anche io se nella mia squadra del cuore, per affrontare una competizione così importante, mi avessero portato Vignaroli (ride). Il giocatore deve fare il professionista, deve dimostrare qualcosa e meritarsi il suo spazio anche all’interno del gruppo. Sono consapevole di non esser stato l’ acquisto dell’anno”.

La Lazio quest’anno dovrà giocarsi i preliminari di Champions League. Come si affronta una stagione con tre competizioni?

“Occorre innanzitutto un gruppo solido e sano. Pioli secondo me è l’allenatore gusto per questa squadra, è una persona corretta e molto preparata, ha un gran carattere”.

 


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ESCLUSIVA | 26maggio, Crecco: “Giornata unica, io mi ero affidato a Radu”. E su Sarri…

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26 maggio 2013, una data indimenticabile. Sono passati 10 anni dal giorno in cui la Capitale ha visto le due compagini della Città contendersi il trofeo più importante della storia calcistica capitolina: la Lazio ha battuto la Roma 1-0 nella finale di Coppa Italia con un gol di Lulic al 71esimo. Parole che a distanza di tempo risuonano come un mantra: tutti ricordano dov’erano il giorno del derby, come hanno vissuto l’attesa e come sono stati i festeggiamenti. Tutti ricordano la tensione e la gioia smisurata. E a raccontare i dettagli di quella giornata memorabile è stato uno dei protagonisti di quella rosa: Luca Crecco, all’epoca giovanissimo, ha alzato al cielo la Coppa da calciatore e da tifoso, un binomio che ha reso quei momenti ancora più emozionanti.

Stamattina aprendo i social si può notare che impazza un trend…

E’ tutto biancoceleste. In verità è da un po’ di giorni che è così, da quando la Società ha iniziato a ricordare attraverso i video la marcia di avvicinamento a quella finale. Bellissimi i social colorati in questo modo“.

E il risveglio del 26 maggio di 10 anni fa com’è stato?

E’ stata una giornata che non dimenticherò mai. Viverla in quel modo, da laziale, non ha prezzo. Ricordo ogni minimo istante, soprattutto il triplice fischio quando siamo corsi tutti in campo. Il giorno dopo, appena sveglio, ancora non avevo realizzato cosa fosse accaduto. Avevamo passato una serata fantastica, con i festeggiamenti in pullman fino a tardi. Giornata unica“.

Eri il più giovane della rosa del 26 maggio, chi è stato il calciatore che ti ha fatto da guida in quei giorni?

Ero un ragazzino, avevo 17 anni, ero al mio primo anno in pianta stabile in prima squadra. Ricordo che c’era una tensione incredibile e ogni calciatore stava un po’ sulle sue, era una partita troppo sentita. Avevo legato, oltre che con Strakosha che era salito con me dalla Primavera, con Radu, che mi ha sempre aiutato in tutto e mi ha fatto crescere anche come uomo. Mi ero affidato molto a lui, ma anche lui sentiva tanto la partita“.

La partita l’avete cominciata a sentire già dalla semifinale vinta con la Juventus?

Il pensiero del derby è arrivato dopo. Archiviata la gara con la Juve abbiamo solo pensato ai festeggiamenti, perché avevamo ottenuto la finale superando una squadra fortissima. E come l’abbiamo superata poi, all’ultimo minuto. Ritrovarsi in finale la Roma è stato un bel colpo, ma tutto bene quel che finisce bene“.

Passando all’attualità, la Lazio di oggi era preventivabile vederla in questa posizione di classifica?

Ci speravo. La squadra è collaudata ormai da anni, alcuni calciatori giocano insieme da tempo e si conoscono bene. Quest’anno si è vista davvero una Lazio importante, la mano di Sarri è statafondamentale“.

Ci vedremo presto a Roma?

Al momento sono a Roma e domenica sarò all’Olimpico, a Formello un domani chissà… è difficile, ma la speranza è l’ultima a morire“.

 


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