Esclusiva
ESCLUSIVA – Uno degli eroi del -9: FABIO POLI
Un ricorrente ricordo per chi come me ha vissuto le stagioni buie della Lazio degli anni ’80, è quella corsa di Fabio Poli verso la Curva B dello stadio San Paolo di Napoli, riservata a noi tifosi biancocelesti durante gli spareggi per la permanenza in serie B dell’anno 1986-87, dal lato opposto del campo in cui aveva segnato. Assolutamente voluto dal Cagliari l’anno prima e pagato 3 miliardi e mezzo di lire dall’allora presidente Giorgio Chinaglia, Poli non deluse le aspettative di grande giocatore. Seppur segnando poco, la sua prerogativa era il cambio di passo a saltare l’uomo per gettare palla in area avversaria per i compagni. Perennemente con i calzettoni abbassati, si gettò sul quel pallone crossato da Piscedda con un perentorio stacco di testa nell’area del Campobasso ad anticipare il difensore e gettare la palla in rete. Riguardando le immagini ad anni di distanza, si comprende come quel ragazzo di venticinque anni di allora, nel pieno della maturità sportiva, fosse ebbro di gioia, tanto da non notare i compagni di squadra che accorsero ad abbracciarlo. Dopo quella corsa, credevo che Poli avrebbe concluso la carriera con quella maglia biancoceleste addosso, era diventato un idolo per noi e mai ci saremmo aspettati che quell’anno stesso ci saremmo privati di quella seconda punta che apriva spazi per gli attaccanti. Ma questo è meglio esserlo raccontato dal protagonista stesso.
Fabio, questa domanda me la sono posta fin da quel lontano 1987: perché abbandonasti la Lazio proprio quell’anno della tua consacrazione nei cuori biancocelesti per trasferirti al Bologna?
Io abbandonai la Lazio perché fui costretto dalla società. Inizialmente rifiutai il trasferimento al Bologna perché io volevo rimanere alla Lazio; perché la Lazio stava facendo una grande squadra, perché la Lazio mi aveva dato tanto, mi aveva permesso di giocare all’Olimpico e di giocare in una grande squadra. Io ero stato pagato tantissimo, non avevo dato quello che pensavo di dare e volevo dimostrare ancora qualcosa. La società aveva fatto già dei progetti con Muro che proveniva dal Napoli e praticamente me lo avevano fatto capire e che se potevo andarmene era meglio. A quel punto, anche perché c’era il Bologna di mezzo, non stetti neanche a pensarci, dato che il Bologna stesso è la squadra che ho sempre tifato. Ho fatto questa scelta molto a malincuore anche perché purtroppo dissero che c’era stato qualche problema con Fascetti e misero queste false voci in giro.
Quando segnasti quella rete al Campobasso, sei corso fino sotto da noi alla curva opposta, eri consapevole di essere entrato nella storia della Lazio?
In quel momento lì no. In quel momento lì, in quei 20 o 30 secondi, sapevo di aver fatto una gran cosa, ma non pensavo ad una cosa così importante che mi poteva far essere ancora ricordato dalla gente, dai laziali e dai tifosi, perché ancora adesso ho tantissima gente che viene a trovarmi, che mi chiama e rende onore alla fortuna che ho avuto e a quello che ho fatto.
Cosa vi disse mister Fascetti all’indomani della sconfitta con il Taranto?
Questa è una cosa che difficilmente ricordo. Credo che ci furono poche parole, ma forse neanche una, perché per noi fu una mazzata ed una mazzata doppia perché vedemmo che il gol fu fatto in fuorigioco. Quando uscimmo dallo stadio ci urlavano di tutto perché erano incazzati neri e per quelle due partite, si poteva distruggere quanto di buono in un’annata. Fascetti, da quello che mi ricordo io, non parlò neanche, capì che noi eravamo talmente delusi, perché sapevamo di essere più forti degli avversari. Andammo subito in ritiro e facemmo una settimana veramente molto pesante anche a livello di stress, anche se secondo me , nel calcio, lo stress non dovrebbe esistere. Quella settimana fu molto tosta da passare.
Vi era timore di non farcela, di gettare al vento quell’impresa che insieme avete fatto per portare la Lazio a giocarsi la permanenza in serie B?
Sì, c’è stato e c’è stato sicuramente. Specie le ultime due partite, dopo una cavalcata del genere ci siamo sentiti questo fardello addosso solo per aver sbagliato la partita a Pisa e pensavamo di non potercela fare . Contro il Vicenza, l’ultima nostra in casa, dovevamo vincere per forza e sperare che succedesse quello che poi è successo. Abbiamo passato due o tre settimane che alla fine state veramente dure, chiaro che dura è andare a lavorare, ma a volte anche per chi fa quel tipo di mestiere o gioco.
Chi ti volle fortemente alla Lazio in quel periodo fu Chinaglia che ti strappò alla concorrenza per una cifra record di allora, che ricordo hai di lui?
Ho un ricordo eccezionale. Eccezionale proprio perché lui essendo stato calciatore della Lazio è sempre stato amante di questa squadra, di questa società e di questi colori e aveva delle cose che, secondo me, un presidente che non è tifoso, che sotto fa l’imprenditore, ragiona e lavora in un altro modo. Lui ha sempre ragionato da ex-calciatore e difatti è stato penalizzato anche da quel punto di vista, perché era amico e padre dei propri giocatori. Anche a me ha fatto delle cose stupende, specie sul mio contratto e mi ha accontentato in tutti i sensi. Quando mi disse quanto mi avrebbe dato io gli risposi: “mi sembra un po’ pazzo lei”, ma io gli piacevo, mi voleva in squadra ed aveva piacere che io avessi avuto quello che per lui meritavo. Quando andai via da Roma, venne personalmente a trovarmi nel ritiro precampionato del Bologna è quella per me è stata una grande gioia.
Cosa rappresenta ora la Lazio per Fabio Poli?
La Lazio rappresenta quella grande fortuna della mia vita: di esserci stato, di aver fatto parte di una società che mi ha fatto crescere anche a livello di persona dato che io venivo da ambienti molto tranquilli e molto calmi. Lì ho imparato che per ottenere qualcosa, ci voleva qualche cosa in più anche a livello di carattere. Ho imparato a conoscere una città e una società di calcio, e per quel poco che ho fatto, dopo venticinque anni, c’è ancora tanta gente mi viene a trovare nel mio paese, che ci sentiamo e che mi chiamano nei famosi club per giocare con loro. Nei tifosi laziali c’è il ricordo di questa persona perché ha fatto un gol che per loro è molto importante ed io lo ricorderò sempre come importante per la mia vita.
Raffaele Galli eaglesgallerylazio.it
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ESCLUSIVA | Manfredonia: “Sarri sta facendo un ottimo lavoro con una rosa non di primissimo piano. Derby? Giocarlo un grande sogno per un ragazzo di Roma”
Una partita che non ha bisogno di presentazioni, una gara che “ferma” l’intera città di Roma. Questo è Lazio-Roma, il Derby della Capitale. Alle 18:00 è in programma, allo Stadio Olimpico di Roma, il fischio d’inizio, tra due squadre reduci da differenti stati d’animo dopo i risultati dello scorso giovedì in Europa. In vista della stracittadina, valida per la 27° giornata di Serie A ed importante in chiave corsa ad un posto in Champions League, la redazione di LazioPress.it ha intervista, in esclusiva, un doppio ex che ha vestito entrambe le maglie nella sua carriera: Lionello Manfredonia. Cresciuto nelle giovanili biancocelesti, trascorre ben otto stagioni con la maglia della Prima Squadra. Prima di approdare poi in giallorosso per tre anni, Manfredonia indossa per due stagioni la maglia della Juventus, conquistando anche lo Scudetto nella stagione ‘85/’86.
La Lazio alterna grandi vittorie e prestazioni, come quella di Napoli, o contro Milan ed Atalanta, a partite sottotono dove lascia per strada punti preziosi. Qual è il suo pensiero sul lavoro svolto da Sarri fin qui?
“Sarri sicuramente sta facendo un ottimo lavoro pur avendo una rosa non di primissimo piano. Romagnoli sembra un giocatore pienamente recuperato dopo le opache stagioni al Milan, Patric un giocatore che sta migliorando di partita in partita”.
Anche la Roma, nei risultati, ha degli alti e bassi. In termini di gioco invece, quali differenze ci sono tra la squadra di Mourinho e quella di Sarri? Chi tra questi due grandi allenatori vede avanti nel proprio percorso?
“Anche la Roma ha una rosa ristretta, ma quando ci sono tutti può fare grandi partite, come contro il Salisburgo in Europa o la Juventus in campionato”.
Da doppio ex di Lazio e Roma, com’è vivere l’attesa, la settimana del Derby della Capitale da calciatore? Che sensazioni, emozioni ha provato?
“Per un calciatore che nasce nel vivaio di Lazio o Roma l’impatto emotivo alla stracittadina è diverso da chi viene da fuori. Se le cose vanno male, il tifoso lascia perdere gli “stranieri” e critica i giocatori locali. Per me è stato più semplice disputare il derby di Torino, molto meno coinvolgente. Ma comunque rimane un grande sogno per un ragazzo di Roma poterlo disputare”.
Tra Lazio e Roma ci sono solo due punti di differenza e, insieme ad Inter, Milan ed Atalanta, sono in piena lotta per un posto nella prossima Champions League. Tre posti per cinque squadre, quante possibilità hanno i biancocelesti di qualificarsi? Che lotta vede per queste 12 giornate che rimangono?
“È un campionato strano, svoltosi in due fasi, prima e dopo il Mondiale. Anche le piccole squadre tolgono punti alle grandi, solo il Napoli è al di sopra di tutti. Parecchi infortuni poi hanno condizionato le squadre, vedi Immobile nella Lazio o Dybala nella Roma. Entrambe possono rientrare nelle prime quattro”.
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