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ESCLUSIVA – Diego Novaretti: “Sono in Messico per sentirmi titolare. Ho la Curva Nord nel cuore…”

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Era arrivato a sorpresa, Diego Martìn Novaretti. Difensore centrale classe ’85 proveniente dal Toluca, presentato come una persona determinata, sicura e molto motivata: “Sarei l’uomo più felice del mondo se morissi  su un campo di gioco, è l’essenza della mia vita“. Il calcio come ragione di vita, lo sport che ha sempre amato. Un lottatore, così viene descritto l’argentino da chi lo conosce. Un lavoratore che ama rimboccarsi le maniche senza lamentarsi mai. Un uomo che ha inseguito il sogno di diventare calciatore senza paura, ma con la sola forza di volontà. Un’avventura, in maglia biancoceleste, iniziata due anni fa e che gli ha presentato davanti non poche difficoltà. Un nuovo ambiente, una nuova città, ritmi diversi… Qualche fischio. Tutto ha contribuito a rendere Novaretti un uomo più forte, un calciatore ancora più determinato. Poi le prime soddisfazioni, i cori della Nord, l’espulsione in Lazio-Empoli e quel pugno dritto sulla vetrata che porta negli spogliatoi. Mano gonfia e titoli di coda, finisce così l’esperienza a Roma del difensore argentino. So di non aver fatto grandi cose e mi dispiace, avrei voluto dare di più” queste le parole amare con cui l’argentino ha messo fine ai suoi due anni di Lazio. Dopo circa due settimane dall’inizio della sua nuova esperienza al Lèon, in esclusiva ai microfoni di Laziopress.it, Novaretti ripercorre gli anni nella capitale.

Esperienza alla Lazio appena conclusa, ti aspettavi che finisse in maniera diversa?

“L’esperienza con la maglia della Lazio è stata bellissima. Avrei voluto giocare un pò di più, ma d’altronde è ciò in cui spera ogni calciatore. Al di là di questo non mi aspettavo niente di diverso da parte della società. Con me sono stati chiari e abbiamo sempre avuto un rapporto leale. Mi sarebbe piaciuto rimanere ancora e ritagliarmi il mio piccolo spazio, ma il calcio è così e la stagione è finita come tutti sappiamo. Sarò sempre grato alla Lazio perchè in questi due anni ho capito e imparato molto, sia del calcio che della vita”.

Quando sei arrivato a Roma hai incontrato qualche difficoltà e nelle prime partite non hai convinto. Con il tempo però hai acquisito fiducia e sei riuscito a far ricredere i tifosi. Quanto è importante, per un calciatore, ricevere il coro e il sostegno della Curva Nord?

“Quando sono arrivato a Roma mia moglie era incinta e ho incontrato molte difficoltà. Non è stato semplice abituarsi al cambiamento, ai nuovi ritmi, nè per me nè per la mia famiglia. Il calcio non ti da molto tempo per ambientarti e io ci ho messo un pò per stabilizzarmi. La prima stagione in biancoceleste non è stata molto positiva, ma poi ho cercato di fare di più e di mettere in pratica tutto ciò che mi veniva insegnato durante gli allenamenti. Le cose sono migliorate, io mi sentivo più sicuro e ho dato il massimo fino alla fine. Per quanto riguarda i tifosi, beh, loro sono fantastici. Mi hanno dato tutta la forza e la grinta necessarie per vivere a pieno questa esperienza. Porterò sempre con me l’affetto che mi hanno saputo regalare la Curva Nord e tutti i tifosi che in questi due anni mi hanno sostenuto”.

La gara di Coppa Italia contro il Milan ha segnato, probabilmente, un punto di svolta. Nella partita contro l’Empoli poi la sensazione era che tu fossi entrato con il piglio giusto. L’espulsione, però, ha rovinato tutto. Da lì l’infortunio alla mano e infine la conclusione della tua esperienza alla Lazio. Senza quel doppio giallo, tra l’altro ingiusto, sarebbe cambiato qualcosa?

“Nella partita contro il Milan sono riuscito ad entrare in campo con la giusta tranquillità. Finalmente avevo iniziato ad entrare in sintonia con il calcio italiano e a dimostrare le mie qualità. Dopo quella partita, però, non sono riuscito a trovare la continuità che volevo e dopo il cartellino rosso contro l’Empoli mi sono arrabbiato molto. In ogni caso non credo sarebbe potuto cambiare nulla per quanto riguarda il mio futuro”.

Nei due anni alla Lazio hai lavorato con Petkovic, Reja e infine Pioli. Quest’ultimo ha dato una carica e un gioco che mancava da tempo in questa piazza ed è riuscito a riportare grande entusiasmo. Che rapporto avevi con lui?

“Grazie a Pioli ho capito e imparato tantissime cose. Quando la mia esperienza a Roma si è conclusa gli ho telefonato e l’ho ringraziato per tutto quello che è riuscito a darmi e a farmi capire del calcio. Abbiamo sempre avuto un buon rapporto, da allenatore a giocatore. Probabilmente in qualche cosa avremmo potuto fare meglio entrambi, ma come ho già detto non posso far altro che ringraziarlo“.

Pochi giorni fa anche Ledesma ha salutato la Lazio. Tra di voi c’era un rapporto speciale, è il compagno con cui hai legato di più?

Tra me e Cristian c’è una grande amicizia e nonostante la distanza le cose non cambieranno. Lui e la sua famiglia ci hanno aiutato molto quando siamo arrivati in Italia e quando è nato il mio bambino. Ledesma è un uomo vero, un professionista serio e una grande persona dentro e fuori dal campo. Non mi aspettavo che con la Lazio finisse così, ma come ho già detto questo è il calcio. Oltre a lui, però, con il quale c’è un rapporto quasi fraterno, ho legato con molti altri. Con Biglia e Gentiletti il rapporto è stupendo. Al di là del fatto che siamo tutti argentini siamo diventati amici al di fuori del campo. E poi tutti gli altri, senza fare nomi… potrei citarli tutti e fare l’elenco completo della squadra! Ho sempre avuto un ottimo rapporto con tutto lo spogliatoio”.

Cosa ti aspetti dalla prossima stagione della Lazio?

“Dalla Lazio mi aspetto tanto perchè so che può fare grandi cose. Il Mister ha un modo particolare di far giocare la squadra. In questa stagione la Lazio ha dimostrato il suo vero valore. E’ una squadra che gioca un gran calcio, rapido, divertente e spero che la prossima stagione possa essere addirittura migliore e più entusiasmante di questa. Mi auguro, e ne sono convinto, che questa squadra possa fare la Champions”.

Ora sei in ritiro e hai ufficialmente iniziato la tua nuova esperienza con il Lèon. Cosa vedi nel tuo futuro?

“Conosco il calcio messicano e mi aspetto di fare quello che non sono riuscito a fare nella Lazio. Qui mi conoscono molto bene e mi auguro di poter trovare la continuità che mi mancava a Roma. Ho bisogno di giocare e sentirmi titolare perchè è la cosa che più mi è mancata a Roma”.

Ultima domanda: tuo figlio, come hai ricordato anche tu, è nato a Roma. Ti mancherà questa città?

“Assolutamente si. Sono legatissimo a Roma e lì ho lasciato tanta gente che mi vuole bene e a cui voglio bene. Tornerò, ne sono certo! Magari come turista, ma è la città che mi ha regalato la gioia più grande: la nascita di mio figlio. E poi voglio tornare a vedere una partita della Lazio. Verrò a guardare Biglia, che mi auguro rimanga a Roma, e soprattutto la rinascita di Gentiletti. Dopo l’infortunio che ha subito sono certo che tornerà ad essere il calciatore che ha fatto vedere nelle prime partite con la maglia della Lazio”. 

 


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ESCLUSIVA | 26maggio, Crecco: “Giornata unica, io mi ero affidato a Radu”. E su Sarri…

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26 maggio 2013, una data indimenticabile. Sono passati 10 anni dal giorno in cui la Capitale ha visto le due compagini della Città contendersi il trofeo più importante della storia calcistica capitolina: la Lazio ha battuto la Roma 1-0 nella finale di Coppa Italia con un gol di Lulic al 71esimo. Parole che a distanza di tempo risuonano come un mantra: tutti ricordano dov’erano il giorno del derby, come hanno vissuto l’attesa e come sono stati i festeggiamenti. Tutti ricordano la tensione e la gioia smisurata. E a raccontare i dettagli di quella giornata memorabile è stato uno dei protagonisti di quella rosa: Luca Crecco, all’epoca giovanissimo, ha alzato al cielo la Coppa da calciatore e da tifoso, un binomio che ha reso quei momenti ancora più emozionanti.

Stamattina aprendo i social si può notare che impazza un trend…

E’ tutto biancoceleste. In verità è da un po’ di giorni che è così, da quando la Società ha iniziato a ricordare attraverso i video la marcia di avvicinamento a quella finale. Bellissimi i social colorati in questo modo“.

E il risveglio del 26 maggio di 10 anni fa com’è stato?

E’ stata una giornata che non dimenticherò mai. Viverla in quel modo, da laziale, non ha prezzo. Ricordo ogni minimo istante, soprattutto il triplice fischio quando siamo corsi tutti in campo. Il giorno dopo, appena sveglio, ancora non avevo realizzato cosa fosse accaduto. Avevamo passato una serata fantastica, con i festeggiamenti in pullman fino a tardi. Giornata unica“.

Eri il più giovane della rosa del 26 maggio, chi è stato il calciatore che ti ha fatto da guida in quei giorni?

Ero un ragazzino, avevo 17 anni, ero al mio primo anno in pianta stabile in prima squadra. Ricordo che c’era una tensione incredibile e ogni calciatore stava un po’ sulle sue, era una partita troppo sentita. Avevo legato, oltre che con Strakosha che era salito con me dalla Primavera, con Radu, che mi ha sempre aiutato in tutto e mi ha fatto crescere anche come uomo. Mi ero affidato molto a lui, ma anche lui sentiva tanto la partita“.

La partita l’avete cominciata a sentire già dalla semifinale vinta con la Juventus?

Il pensiero del derby è arrivato dopo. Archiviata la gara con la Juve abbiamo solo pensato ai festeggiamenti, perché avevamo ottenuto la finale superando una squadra fortissima. E come l’abbiamo superata poi, all’ultimo minuto. Ritrovarsi in finale la Roma è stato un bel colpo, ma tutto bene quel che finisce bene“.

Passando all’attualità, la Lazio di oggi era preventivabile vederla in questa posizione di classifica?

Ci speravo. La squadra è collaudata ormai da anni, alcuni calciatori giocano insieme da tempo e si conoscono bene. Quest’anno si è vista davvero una Lazio importante, la mano di Sarri è statafondamentale“.

Ci vedremo presto a Roma?

Al momento sono a Roma e domenica sarò all’Olimpico, a Formello un domani chissà… è difficile, ma la speranza è l’ultima a morire“.

 


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