Esclusiva
ESCLUSIVA | Chiodi sbagliò quel rigore contro il Vicenza. La moglie Fausta ci racconta il suo Stefano | FOTOGALLERY
Quando si parla di un giocatore che ha fallito nella sua carriera un calcio di rigore importante, spesso si ricorda la famosa canzone di Francesco De Gregori “La leva calcistica del ‘68”, quasi per addolcire quell’amaro rimasto in bocca anche dopo tanti anni. Ma forse sarebbe meglio citare un grande del calcio, Roberto Baggio, che dopo aver fallito il rigore decisivo nella finale mondiale del 1994 a Pasadena negli Stati Uniti disse: “I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli”. E’ il campionato 1980-81, la Lazio è stata appena retrocessa in Serie B dalla CAF per lo scandalo calcioscommesse scoppiato un anno prima.
La Lazio preleva Stefano Chiodi insieme a Bigon dal Milan, anch’esso retrocesso per lo stesso motivo, come parziale contropartita per la cessione di Giordano, vendita mai conclusa per la squalifica di quest’ultimo e che fece dirottare il giovane Mauro Tassotti sotto la madonnina. Stefano approda così nella Capitale con il grosso peso sulle spalle di non far rimpiangere la mancanza del bomber di Trastevere, ma con il nomignolo di rigorista infallibile, dato che non ne aveva mai sbagliato mai uno fino ad allora nella sua carriera.
L’approdo nelle file biancocelesti non è facile, come del resto di tutta quella squadra, che era annoverata tra una delle allora tre squadre che sicuramente sarebbe stata promossa nella massima serie. La Lazio rimane tutto il campionato nelle parti alte della classifica ma non riesce mai a spiccare il volo, a insediarti stabilmente alle spalle del Milan, lasciando alle altre squadre il compito di giocarsi l’ultimo posto disponibile. Si arriva così alla penultima giornata di quel campionato e i biancocelesti affrontano all’Olimpico il Vicenza, che deve salvarsi, davanti a 60.000 spettatori. Basta una vittoria per avere già un piede in paradiso.
Ma le cose nella storia della Lazio non sono mai state semplici. La squadra entra in campo già nervosa e il Vicenza sfiora più volte il vantaggio, ottenendolo al 55’ con Vagheggi. Ci pensa poi Paolo Pochesci a ristabilire la parità al 69’. Si arriva così quasi a fine partita, e all’87’ l’arbitro Lops decreta un rigore per i biancocelesti dopo un atterramento di Mastropasqua.
Stefano prende il pallone e lo sistema sul dischetto. Quando finalmente l’arbitro fischia per la sua battuta, Chiodi prende la rincorsa e angola il tiro alla destra del portiere avversario, ma la palla scheggia il palo e finisce fuori.
La partita finisce così in parità e la Lazio fallisce la promozione a discapito di Cesena e Genoa. Quell’errore non gli fu mai perdonato, sia da parte dei tifosi che dalla dirigenza. Così l’anno successivo viene ceduto al Bologna, sua terra d’origine. La sfortuna però sembrava averlo attanagliato. Un grave infortunio patito contro la Fiorentina lo costriche a stare lontano dal campo e i rossoblu retrocedono nella serie cadetta.
Rispedito a Roma trova davanti a lui giocatori del calibro di D’Amico, ritornato dopo aver strappato un ricco contratto con il Torino e soprattutto il ritorno di Bruno Giordano. Sebbene quello è l’anno della fine del purgatorio per la Lazio durato tre campionati, Stefano scende in campo solo 10 volte non riuscendo a segnare nessuna rete.
Alla fine passa al Prato, e successivamente nel Campania, Rimini, Pinerolo e Baracca Lugo. Stefano ebbe il coraggio di tirarlo quel rigore quando era più facile tirarsi indietro e lasciare il compito ad un altro compagno di squadra, cosa che negli anni successivi hanno fatto giocatori blasonati acquistati dall’estero.
I duri faccia a faccia delle giornate successive con il mister Ilario Castagner portano anche ad accettare la proposta dei cugini giallorossi da parte di Carlo Perrone, pur di non aver più nulla a che fare con l’allenatore di allora. Chiodi fu il vero capro espiatorio di un’annata fallimentare del tecnico veneto.
Ma con il passare degli anni in molti hanno dimenticato quel momento, in molti gli hanno dimostrato l’affetto che ogni tifoso laziale nutre per coloro che hanno indossato questa maglia.
Stefano Chiodi scompare il 4 Novembre 2009 a soli 52 anni per un male incurabile. La sua memoria vive dentro tutti coloro che lo incitavano dagli spalti in quel periodo. Il racconto di quello che veramente accadde e degli stati d’animo di Stefano dopo quel maledetto rigore oggi ce li racconta la persona che gli ha vissuto accanto. Fausta Lambertini, il vero amore di Stefano Chiodi!
Fausta, cosa ricordi di quel famoso 14 Giugno 1981, dopo quell’infausto Lazio-Vicenza?
Ricordo tutto molto bene, io ero allo stadio, come sempre e sapevo che Stefano non si sarebbe sottratto a quella grande responsabilità, era un generoso e non aveva mai sbagliato.
Quale era lo stato d’animo di Stefano quella sera, sapendo che aveva sbagliato per la prima volta nella sua carriera un calcio di rigore, per giunta decisivo?
Era afflitto, addolorato e deluso, preoccupato, ma come era nel suo carattere non voleva farlo pesare su di me. Ci saremmo sposati di lì a poco e non voleva che questo avvenimento potesse in qualche modo turbare il nostro matrimonio. Soffriva in silenzio, consapevole che nulla sarebbe stato più come prima.
Quale fu il suo rapporto con i tifosi laziali all’inizio e dopo quella partita?
I tifosi amici, quelli che conoscevano personalmente Stefano e lo stimavano per la bella persona che era, continuarono a dimostrargli affetto sincero e a sostenerlo, gli altri erano un tantino incavolati e le battutacce non mancarono. Ma non si è mai andati oltre e Stefano aveva imparato a conviverci, non si è sentito ferito, comprendeva lo stato d’animo del tifoso verace.
Sareste rimasti volentieri a Roma se le cose avessero preso una diversa piega?
Amavamo entrambi Roma, la Lazio, i laziali e i romani in genere e ci sarebbe piaciuto stabilirci definitivamente nella capitale anche se Stefano era molto legato alle sue radici emiliane.
Con gli anni il tifoso laziale ha mandato attestati di stima a Stefano, si sentiva “perdonato” per quello che ingiustamente gli hanno imputato?
Sì certo, anche perché analizzando a mente fredda i fatti, non fu certo quel rigore sbagliato a precludere l’esito positivo di una stagione storta.
Secondo te, il suo più grande rammarico fu il rigore sbagliato o il fatto di non essere riuscito ad esprimersi ai livelli che lo videro protagonista della vittoria dello scudetto della stella con il Milan due anni prima?
Quello fu un episodio. Stefano amava il calcio, era la sua grande passione, ci metteva il cuore e l’anima, dava sempre il massimo e questo atteggiamento lo rendeva una persona serena.
4 Novembre 2009, Stefano ci lascia, vola in paradiso insieme a tanti altri laziali. Ci racconti i momenti più belli vissuti con lui e quelli più amari?
Abbiamo fatto due miracoli insieme, i nostri figli e questo basta a dare un senso alla nostra esistenza. Ringrazio Dio ogni giorno per la nostra bella famiglia, era quello che volevamo entrambi.
E per ultimo, come vorresti fosse ricordato?
Mi manca la sua allegria, il suo sorriso, la sua capacità di sdrammatizzare e di andare incontro alla vita con animo sereno, il suo esserci sempre, per noi e per chiunque. Ricordatelo come un amico sincero sempre.
“…non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia…”.
Raffaele Galli (www.eaglesgallerylazio.it)
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ESCLUSIVA | Manfredonia: “Sarri sta facendo un ottimo lavoro con una rosa non di primissimo piano. Derby? Giocarlo un grande sogno per un ragazzo di Roma”
Una partita che non ha bisogno di presentazioni, una gara che “ferma” l’intera città di Roma. Questo è Lazio-Roma, il Derby della Capitale. Alle 18:00 è in programma, allo Stadio Olimpico di Roma, il fischio d’inizio, tra due squadre reduci da differenti stati d’animo dopo i risultati dello scorso giovedì in Europa. In vista della stracittadina, valida per la 27° giornata di Serie A ed importante in chiave corsa ad un posto in Champions League, la redazione di LazioPress.it ha intervista, in esclusiva, un doppio ex che ha vestito entrambe le maglie nella sua carriera: Lionello Manfredonia. Cresciuto nelle giovanili biancocelesti, trascorre ben otto stagioni con la maglia della Prima Squadra. Prima di approdare poi in giallorosso per tre anni, Manfredonia indossa per due stagioni la maglia della Juventus, conquistando anche lo Scudetto nella stagione ‘85/’86.
La Lazio alterna grandi vittorie e prestazioni, come quella di Napoli, o contro Milan ed Atalanta, a partite sottotono dove lascia per strada punti preziosi. Qual è il suo pensiero sul lavoro svolto da Sarri fin qui?
“Sarri sicuramente sta facendo un ottimo lavoro pur avendo una rosa non di primissimo piano. Romagnoli sembra un giocatore pienamente recuperato dopo le opache stagioni al Milan, Patric un giocatore che sta migliorando di partita in partita”.
Anche la Roma, nei risultati, ha degli alti e bassi. In termini di gioco invece, quali differenze ci sono tra la squadra di Mourinho e quella di Sarri? Chi tra questi due grandi allenatori vede avanti nel proprio percorso?
“Anche la Roma ha una rosa ristretta, ma quando ci sono tutti può fare grandi partite, come contro il Salisburgo in Europa o la Juventus in campionato”.
Da doppio ex di Lazio e Roma, com’è vivere l’attesa, la settimana del Derby della Capitale da calciatore? Che sensazioni, emozioni ha provato?
“Per un calciatore che nasce nel vivaio di Lazio o Roma l’impatto emotivo alla stracittadina è diverso da chi viene da fuori. Se le cose vanno male, il tifoso lascia perdere gli “stranieri” e critica i giocatori locali. Per me è stato più semplice disputare il derby di Torino, molto meno coinvolgente. Ma comunque rimane un grande sogno per un ragazzo di Roma poterlo disputare”.
Tra Lazio e Roma ci sono solo due punti di differenza e, insieme ad Inter, Milan ed Atalanta, sono in piena lotta per un posto nella prossima Champions League. Tre posti per cinque squadre, quante possibilità hanno i biancocelesti di qualificarsi? Che lotta vede per queste 12 giornate che rimangono?
“È un campionato strano, svoltosi in due fasi, prima e dopo il Mondiale. Anche le piccole squadre tolgono punti alle grandi, solo il Napoli è al di sopra di tutti. Parecchi infortuni poi hanno condizionato le squadre, vedi Immobile nella Lazio o Dybala nella Roma. Entrambe possono rientrare nelle prime quattro”.
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