Per Lei Combattiamo
Il Messaggero | Maglia del derby con la scritta SPQR, è polemica Capitale
La politica piomba ancora sul calcio capitale. A incendiare la polemica un’interrogazione a firma dei consiglieri Alessandro Onorato (lista Marchini), Giulio Pelonzi (Pd) e Rachele Mussolini (lista civica Con Giorgia), presentata ieri in Campidoglio sul caso della sigla “Spqr” sulla maglia dei calciatori della Roma indossata per il derby: «Abbiamo chiesto alla Sindaca Raggi se Roma Capitale avesse autorizzato o meno la As Roma calcio a riportare la dicitura. È evidente che lo scopo della società giallorossa era legato a fini commerciali e indirettamente mirato a far sembrare, ai 63 paesi sintonizzati in mondovisione, che la città abbia una sola e unica squadra di calcio. Crediamo che sia necessaria una regolamentazione ben chiara». Perché in effetti l’articolo 6 dello statuto lascia spazio al libero arbitrio: «L’emblema di Roma capitale è costituito da uno scudo di forma appuntata, di colore porpora, con croce greca d’oro, collocata in capo a destra, seguita dalle lettere maiuscole d’oro S.P.Q.R. poste in banda e scalinate». Le stesse apparse sulla maglia della Roma, ma senza lo scudo e soprattutto i puntini. E sarebbe proprio questo “dettaglio” – fanno sapere dallo staff dell’assessore allo sport Frongia a legittimare la scelta giallorossa. Ma la Lazio mette l’elmetto: «Così tutto il mondo può pensare che la Roma sia l’unica squadra della capitale e il brand avere maggiori ricavi. Se si può fare tutto così, la prossima volta metterò anch’io il marchio dietro», tuona Lotito. Che ricorda come nel 2011, in occasione della Supercoppa di Pechino, seguì tutt’altro iter: «Quando misi il Colosseo sulle casacche, chiesi l’autorizzazione e pagai». Una procedura non certo seguita dal club di Trigoria, come si evince dalla difesa informale del Campidoglio.
AUTORIZZATA DALLA LEGA La Roma non risponde, infatti, perché è certa di essere dalla parte della ragione. Ha chiesto e ottenuto il permesso dalla Lega. Non dal Campidoglio. Perché non ce n’era bisogno per la scritta SPQR, non trattandosi né di un logo né una di una proprietà intellettuale registrata. Nessuna speculazione, poi, fanno trapelare da Trigoria a Formello: il kit derby è stato venduto senza quel marchio così bello. Solo un’ottima trovata di marketing, dunque, quella di utilizzare l’acronimo che l’ex sindaco Ignazio Marino espunse dal logo della capitale tra l’incredulità generale: «dice popolo romano, quindi non laziale», scherza un anonimo dai banchi del Pd, ma la linea delle opposizioni è «no comment, abbiamo cose più serie a cui pensare». Stessa risposta da parte del presidente della commissione Roma Capitale, il consigliere M5S, Angelo Sturni, competente di regolamenti e loghi: «Non ho seguito la questione, che volete che vi dica?». Più colto l’intervento del suo collega presidente della commissione Sport, Angelo Diario: «Non è la prima volta che avviene, è già successo nel 2007 con il Borussia Dortmund. Ci sfugge il motivo di questa grande attenzione a questo tema, ma siamo curiosi di leggere i contenuti dell’interrogazione a firma del consigliere Onorato».
L’AQUILA Chiede ulteriori lumi alla sindaca Raggi, di fede “non praticante” biancoceleste, la Lazio: «SPQR è il simbolo della Città Eterna. Non so se l’utilizzo sia consentito a tutti – precisa il responsabile della comunicazione, Arturo Diaconale – ma questo è un marchio di valenza planetaria e non se può fregiare una sola squadra per dare l’impressione di un’identificazione con la capitale. Che, a maggior ragione, si dovrebbe rispecchiare nel club più antico, quello che ha portato il calcio a Roma. Anche l’immagine dell’aquila la rappresenta, non soltanto la lupa». E’ soprattutto il ritorno economico a non andare giù: «Nell’epoca in cui un brand ha un valore commerciale altissimo, se questo viene utilizzato in maniera così libera, è quantomeno uno spreco – la chiosa finale – ma, se funziona cosi, anche noi vorremmo utilizzarlo magari nella finale di Coppa Italia contro la Juve». A questo punto la Macron s’attivi pure con nuovi copioni, se i biancocelesti vorranno travestirsi davvero da centurioni. Magari stavolta la sindaca Raggi accetterà la maglia, con SPQR stavolta non potrà far scudo non solo a Totti, ma nemmeno a capitan Biglia.
Il Messaggero – Alberto Abbate
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Champions League
Provedel eroe laziale, il fratello Pierpaolo commosso: “E’ tutto frutto del suo lavoro e degli insegnamenti di nostro padre”
Il gol di Provedel all’Atletico Madrid in Champions League ha fatto il giro del mondo. Non tanto per la rete in sé, importante perché si tratta di una manifestazione seguitissima, ma perché naturalmente non è stato un attaccante o un centrocampista, bensì un portiere a segnare la rete decisiva e questo ha spiazzato tutti, non solo i difensori e il portiere della squadra di Diego Simeone.
Un gol che è entrato nella storia perché nessun italiano aveva mai segnato in Champions League, tanto che il nome di Provedel è stato uno dei più gettonati e ricercati sul web per tutto il giorno, senza contare poi la storia di questo ragazzo, umile, serio e buono. E tutto questo non ha fatto altro che arricchire e rendere ancora più bello il gesto tecnico di questo giocatore. Un vanto per l’Italia, ma soprattutto per la Lazio e anche, e a maggior ragione, per la sua famiglia.
I Provedel sono una famiglia normale, semplice e unita, basta vedere Ivan e si capisce tutto: ragazzo per bene, educato, lavoratore serio e ligio. Quello che ha fatto il biancoceleste ha fatto impazzire il web e chi è appassionato di sport, ma anche chi vuole bene ed è legato a Ivan, come la sua famiglia che, naturalmente, non è che ami molto i riflettori.
Non ci è abituata, almeno come il fratello Ivan che di professione fa il calciatore, ma Tag24 ha intercettato il fratello Pierpaolo, responsabile acquisti della Novalinea Arredo, un negozio che fa scale per interno e pavimenti a legno in provincia di Treviso, appena sente che dall’altra parte c’è un giornalista, con educazione ci risponde che sta lavorando, ma capisce che la situazione è particolare e ci confessa di essere “ancora molto emozionato per quello che è successo” la sera prima. E si sente dalla voce: “Cosa ho provato? Secondo lei il proprio fratello che gioca a pallone ed è un portiere, segna in una gara importante di Champions League, come si può sentire? Felice, commosso, ancora tanto, si sente dalla voce no? E’ stato bellissimo, tutti l’abbiamo visto, lo vediamo sempre, è il nostro fratellino“.
Ivan è l’ultimo di sei fratelli Paola, Piera, Pierangela, Patrizia e appunto Pierpaolo, gentile e, seppur per poco, disponibile e contento di parlare del fratello e orgoglioso per quello che è riuscito a fare: “Siamo contenti per lui, se lo merita. Cosa è successo quando ha segnato? Esattamente quello che ha detto Ivan, è stato un casino, un bellissimo casino. Le dico una cosa, tutto quello che è successo ieri è solo tutto frutto del lavoro di Ivan e degli insegnamenti di nostro padre“.
E qui l‘emozione ha preso il sopravvento con soprattutto la conferma di avere davanti una persona che fa parte di una famiglia molto unita e per bene. Il papà si chiamava Venanzio Provedel, è scomparso nel 2016 a 82 anni ed era un imprenditore molto conosciuto del settore. Sua madre Elena Kalinina è originaria di Mosca, dove insegnava inglese all’Università. Una famiglia semplice e normale che dal gol di Ivan Provedel in Champions League è un po’ al centro della situazione perché fa parte della storia di un ragazzo che, con un gesto tecnico incredibile e con il suo modo di esultare, ha conquistato il cuore di tutti.

fraioli proietto
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