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La Repubblica | Come fidarsi di un giocatore che ti sta lasciando
Per la Champions il laziale contro il suo club futuro. Gli interessi, le pressioni, i retropensieri: che si fa? L’insostenibile pesantezza di Lazio-Inter. Lo stopper Stefan de Vrjj non ce la può fare a difendersi da una pressione così, il presente contro il futuro in una partita secca e sportivamente drammatica, domenica all’Olimpico, con in palio i 40 milioni del paradiso Champions e un’intera stagione. Gioca nella Lazio ma lo aspetta l’Inter, se fa un errore marcando Icardi sarà travolto da sospetti e veleni, se non gli fa toccare palla costringerà all’Europa League, quindi a ridimensionarsi, il club che l’ha comprato ricoprendolo di denaro. Situazione troppo delicata, impossibile giocare con la serenità necessaria per una “finale” del genere. Difficile pure per Inzaghi fidarsi fino in fondo, e non è una questione di professionalità odi lealtà. Quelle non sono in discussione, si è visto finora, per tutte le partite della lunga volata Champions. Il fatto è che il protagonista di questa storia non è un robot, ma un ragazzo di 26 anni con il cuore confuso e soprattutto i pensieri schiacciati dalle responsabilità (in questo caso) esagerate. Di quello non si fiderà Inzaghi, dell’umano condizionamento che azzera la lucidità e fa sbagliare le scelte. Qualcuno si è fidato, in passato, di chi aveva firmato per l’avversario della sfida decisiva o per chi era già con i pensieri altrove. Si è fidato Trapattoni di Liam Brady, quando a Catanzaro gli fece tirare il rigore dello scudetto, ultima giornata del campionato ’81-’82. Il regista irlandese era cupo perché la Juve gli aveva preferito Platini e la cessione alla Samp era già nota al mondo, ma dal dischetto non tradì. E non tradì neppure Claudio Lopez il suo Valencia proprio contro la Lazio, il club che lo aveva acquistato perla stagione successiva: nello scontro diretto, quarti di finale Coppa dei Campioni ’99-2000, il Piojo segnò il gol del definitivo 5-2. Nessuno si stupì, tutto normale: questione di rispetto (per chi ti ha pagato e sostenuto fino a quel momento) e cultura sportiva. E poi meglio una vittoria da festeggiare oggi che un obiettivo da inseguire domani. Si fidò Klopp di Lewandowski, quando lo schierò fino all’ultima giornata nel testa a testa Borussia-Bayern della Bundesliga 2013-2014. La squadra di Dortmund aveva bisogno del suo centravanti, che aveva già scelto di trasferirsi a Monaco a parametro zero, come de Vrii ora all’Intera il polacco non si tirò indietro mai, non bastò per vincere il titolo ma si prese quello di capocannoniere. Quattordici anni prima, la Fiorentina non poteva non affidarsi a Baggio nella doppia finale di Coppa Uefa ’90 contro la Juve, pur sapendo che l’amato fuoriclasse avrebbe vestito l’odiato bianconero (operazione ufficializzata il giorno dopo la gara di ritorno). E lui, devastato dalla pressione, divorò un paio di gol che forse contro un altro avversario, in un’altra situazione, avrebbe segnato ridendo. Implacabile invece Inter, allora dell’Udinese, il 23 aprile 2011 al San Paolo contro il Napoli con cui aveva già firmato: siluro micidiale all’angolo, ma il centrocampista svizzero non esultò per rispetto di chi gli avrebbe garantito il contratto della vita. Inappuntabile, e non c’erano dubbi, il leader Passarella: all’ultima giornata del campionato ’85-’86 la sua Fiorentina è in corsa per l’Inter, futura squadra dell’argentino, per un posto in Uefa, ma il difensore-goleador non si fa problemi a segnare rigore e punizione a Pisa. Potevano risultare letali per i nerazzurri, non lo furono solo perché, a sorpresa, l’Atalanta bloccò il Milan al Meazza. In ballo non c’erano i milioni della Champions di oggi, decisivi per il decollo definitivo della Lazio e forse ancora di più per il mercato dell’Inter cinese: perciò il caso de Vrij è unico, per questo c’è il rischio che quell’insostenibile pesantezza lo “costringa” a restare fuori. Una volta chi giocava nel ruolo dell’olandese veniva definito libero, lui in questa settimana non lo è nemmeno un po’.
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