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Torna l’angolo del tifoso, la rubrica dove i protagonisti sono il motore della Lazio: i tifosi. Oggi scopriremo la ‘malattia’ biancoceleste di Carlotta.
Come e grazie a chi sei diventata della Lazio?
“Sono nata in una famiglia di laziali, ma il calcio è sempre stato concepito come qualcosa di passivo,non da viver in fondo. Difatti non sono mai stata indotta a tifare lazio seriamente,l’importante era non essere romanista .La passione è nata più che altro all’interno delle mure scolastiche,in cui l’opposizione lazio-roma si palesava in tutte le sue sfumature,con dominazione giallorossa. Quindi è proprio grazie ai romanisti che oggi mi posso ritenere laziale, ho preferito distinguermi dalla massa e li ringrazio ogni giorno per avermi fatto scegliere la giusta sponda del Tevere!”.
Ricordi la tua prima volta allo stadio?
“La mia prima volta allo stadio è stata il 3 dicembre 2010,Lazio-Inter. Ricordo ancora che supplicai mio padre di portarmi allo stadio in più occasioni e scelse tale partita per il gemellaggio tra le tifoserie e quindi la tranquillità dell’ambiente (avevo solo 10 anni). La partita finì 3 a 1 per noi, con gol di Biava, Zarate ed Hernanes. Fu la prima di tante partite”.
Qual è stato il tuo primo giocatore preferito?;
“Appena ho cominciato a seguire la Lazio, nella nostra rosa figurava un certo Mauro Zarate. Quasi superfluo dire che mi innamorai completamente di lui, ad oggi continuo a seguirlo perché, come si dice, il primo amore non si scorda mai”.
Quello di adesso invece?
“Attualmente tendo meno ad attaccarmi ai giocatori dopo i pianti per l’addio di Maurito, ma impazzisco per Luis Alberto e, grazie al ritiro di Auronzo, ho incominciato ad apprezzare veramente tanto Berisha, un ragazzo con la testa a posto e che mette il massimo in quello che fa”.
Qual è stato il momento più bello e più brutto da quando segui la Lazio?
“Il momento più bello è stato sicuramente la vittoria della Coppa Italia nel derby del 26 maggio, ma anche i 3 derby nel giro di un mese del 2017 mi hanno portato un sacco di gioia. Per il più brutto la contesa è sicuramente tra Salisburgo-Lazio e Lazio-Inter (in quest’ultima occasione mi sono ridotta a piangere sui seggiolini dell’Olimpico)”.
Secondo te, in caso di permanenza di Milinkovic, la Lazio sarebbe più forte dello scorso anno?
“Credo di sì,abbiamo migliorato sicuramente la la panchina,tra cui figurano ottimi giocatori e possibili titolari come Berisha, Durmisi, Badelj e Proto, ma anche i sostituti delle cessioni sono degli ottimi innesti. Acerbi credo che non ci farà rimpiangere in nessun modo De Vrij, mentre Correa è un buon prospetto che potrebbe esplodere nella Lazio. Certo che la permanenza di Milinkovic ha una forte influenza sulla rosa, ma al momento mi ritengo soddisfatta”.
Qual è stata la pazzia più grande che hai fatto per la Lazio?
“Non mi ritengo una che fa molte pazzie,o meglio non me ne ricordo molte,ma già tifare Lazio in un ambiente di tutti romanisti non lo è? Però, se dovessi proprio sbilanciarmi,direi che presentarmi una interrogazione importantissima di fine anno con la maglia della lazio e senza voce post stadio (e professore romanista…) non è stata una buona idea!”.
Cosa vuol dire per te essere della Lazio?;
“Per me la Lazio è un perno fondamentale della mia vita. Mi ha insegnato ad amare, a piangere, a gioire, a soffrire. Quando parlo di Lazio non parlo solo di uno stemma,di una squadra, di un luogo fisico-astratto. E’ qualcosa di inspiegabile che mi ha rubato il cuore, una serie di valori che ritrovo nella vita di tutti i giorni: non essere come la massa, non seguire per moda, crederci e non mollare mai. Essere laziali è qualcosa di illogico da cui però non puoi staccarti, perché si sa, l’amore non ha ragione”.
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