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ANGOLO DEL TIFOSO | Valerio: “Orgoglioso di far parte della famiglia laziale. Nesta il mio idolo da bambino, scoprii la sua cessione dalle figurine”

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Una nuova settimana ricca di calcio prende il via e, come ogni lunedì alle ore 14.00, è il momento della rubrica “Angolo del tifoso” nella quale i veri protagonisti siete voi. Oggi è il turno di Valerio, un laziale quasi per miracolo che ci racconta la sua passione per i colori biancocelesti. La Lazio, un amore fedele ed incondizionato alimentato costantemente da emozioni e coreografie spettacolari della Curva Nord.

Da dove nasce la tua passione per la lazio?

“Diciamo che nasce anche un po’ per miracolo perché a casa mia nessuno tifa Lazio, anzi papà è romanista e mamma juventina. Nonostante questi presupposti, da bambino ero molto fissato con Alessandro Nesta che è diventato il mio idolo. A rafforzare la mia fede, poi, ci ha pensato mio zio, un grande tifoso biancoceleste”.

Vai spesso allo stadio? Qual è stata la tua prima partita all’Olimpico?

“Devo ammettere, fin da subito, le mie pecche da tifoso. Non ho mai avuto una grande continuità nell’andare allo stadio e ciò è collegato anche al fatto che non sono mai stato abbonato per una questione di impegni personali che mi impedivano di essere sempre presente. In ogni caso, cercherò di recuperare non appena sarà possibile tornare sugli spalti. La prima partita allo stadio che ricordo bene è Lazio-Porto, semifinale di Coppa Uefa 2003,  una serata infausta che ci costò l’eliminazione dopo la sconfitta dell’andata. Una notte brutta per il risultato, ma un’ esperienza unica per un bambino alla prima volta allo stadio”. 

Qual è il momento più bello che ti ha fatto vivere la lazio?

“Tralasciando la liberazione del 26 maggio e cercando qualcosa di più originale, dico la trasferta dello scorso anno contro il Milan per la semifinale di ritorno di Coppa Italia. È stata la mia prima trasferta, un’ esperienza straordinaria tra l’altro a San Siro, uno stadio importante. Ricordo che è stata una gara complicata e ricca di tensione dopo le scorie della sfida di campionato di un paio di settimane prima. La Lazio non ha deluso le aspettative, quella vittoria è stata veramente una liberazione”. 

Qual è la coreografia della Nord che ti ha emozionato di più?

“La Curva Nord ci ha abituato a spettacoli incredibili e, per quanto mi riguarda, la lotta in Italia è impari perché qualsiasi tifoseria nel confronto con quella laziale sfigura sotto il profilo delle coreografie. Ciò vale sia per la qualità che per la frequenza delle creazioni. È veramente uno spettacolo e penso che essere il dodicesimo uomo in campo dipenda anche dalla cura e l’attenzione che la tifoseria mette nei dettagli. La più bella, anche se dovrei pensarci per anni, credo sia “La Creazione di Adamo” dell’ultimo derby, ha dato vita ad un grande colpo d’occhio”. 

Il tuo calciatore preferito della rosa attuale? E del passato?

“Parto dalla seconda perché vado sul sicuro. Ovviamente dico Nesta, il giocatore che a tutti gli effetti mi ha avvicinato alla Lazio. Mi ricordo ancora che quando fu ceduto al Milan fu un grande trauma: ero piccolo e non seguivo il calciomercato, lo scoprii aprendo il pacchetto delle figurine in cui trovai Nesta con la maglia rossonera. Passando al presente, devo ammettere che è molto complicato, scelgo Luis Alberto. Dopo le prime partite lo criticai ferocemente, per molto tempo continuava a non piacermi e poi, invece, mi ha fatto ricredere. È un giocatore completo, uno dei più forti della Serie A ed il più forte che ha vestito la maglia della Lazio dalla fine dell’era Cragnotti. Scegliendo il Mago, comunque, non voglio fare torti ad altri come Radu, ormai vicino al record di presenze in biancoceleste, o Immobile che sta scalando la classifica dei marcatori laziali. Sono molti i calciatori simbolo di questa squadra e spesso non ci rendiamo conto di quanto questo gruppo stia facendo la storia della Lazio”. 

Cosa significa per te essere della Lazio?

“A volte mi capita di ascoltare qualche dichiarazione di personaggi della Lazio del presente o del passato che mi coinvolge in maniera incredibile. Penso alle parole dei calciatori del -9, alle interviste di Maestrelli, di Chinaglia o di mister Inzaghi che ci stiamo godendo in questi anni, a Di Canio che afferma: “Con questa maglia addosso non ho paura di niente”, a Guido De Angelis, il tifoso laziale per eccellenza. Si tratta di persone che hanno fatto la storia della Lazio che ti trascinano ed attirano a sè. C’è un qualcosa che unisce queste figure a noi tifosi e quindi essere della Lazio significa far parte di una grande famiglia cosparsa di simboli incredibili. Chiunque fa parte di questa famiglia, anche se profondamente diverso dall’altro, esulta allo stesso modo ad un gol e lo fa come Inzaghi impazzendo di gioia. Far parte della famiglia laziale è un marchio di fabbrica e sono orgoglioso di questo. la lazio è una grande passione, spontanea e travolgente”. 

 


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ANGOLO DEL TIFOSO | Scattarreggia, autore del libro dedicato a Chinaglia: “Ci ha regalato l’orgoglio di essere laziali. Se fossi riuscito a parlarci gli avrei voluto dire che..”

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Paolo Scattarreggia, autore del libro “Il grido di battaglia. Come Giorgio Chinaglia ha cambiato la storia per i tifosi della Lazio” è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Laziopress. Lo scrittore ha parlato della sua esperienza da supporter biancoceleste, di quanto Chinaglia fosse importante per il popolo biancoceleste e di cosa avrebbe detto a Giorgio, se non fosse venuto a mancare prima di una cena a tre organizzata da un suo amico americano, che era solito frequentare lo stesso ristorante della bandiera biancoceleste degli anni ’70.

Come nasce l’idea di pubblicare il libro?
Sono cresciuto seguendo la Lazio di Chinaglia quando avevo solamente 11 anni. Tra l’altro io vivevo nella zona costruita dal presidente Lenzini e avevo modo di incontrare diversi giocatori che abitavano in quel quartiere: giocavo con loro e c’era la possibilità di incrociarli. Poi la vita mi ha portato in giro e, da circa vent’anni, vivo in America. Dieci anni fa ho scoperto per caso che Chinaglia viveva in Florida e un mio amico mi propose di andare a pranzo in un ristorante, che Giorgio era solito frequentare. Purtroppo, Chinaglia morì poco prima del nostro incontro; quindi, io decisi di andare al funerale a Naples. La famiglia fu molto disponibile e mi permise di depositare la bandiera biancoceleste vicino al feretro e, parlando con i presenti, mi resi conto che non avevano alcuna idea di quanto Chinaglia fosse stato importante per noi tifosi. Durante il funerale parlai in onore di Giorgio e sua moglie mi disse che le mie parole l’avevano commossa a tal punto di chiedermi di mettere la bandiera della Lazio nel feretro del marito. Adesso la bandiera è con lui. Quindi al decennale della sua morte decisi di far uscire un libro in suo ricordo, dove ho ripercorso le vicende giudiziarie da lui vissute e raccontato i passati 40 anni vissuti da tifoso, fino ad arrivare al momento del funerale”.

Se fossi riuscito ad andare a quella cena, che cosa avresti voluto dire a Chinaglia?
(ride, ndr) Gli avrei voluto chiedere tanti aneddoti di quegli anni: da quando è andato via, fino al momento in cui è tornato. Avrei voluto sapere come fossero andare le cose, perché da presidente lui ci ha messo i soldi, ma anche il cuore. Quando ho presentato il libro ho avuto la fortuna di passare un’ora con Giancarlo Oddi che mi ha raccontato molte vicende e chissà Giorgio quanto avrebbe potuto dirmi. Mi è dispiaciuto molto non averci potuto parlare a cena, ma ho pensato che scrivere un libro in suo onore fosse il modo migliore per rendergli omaggio”.

 Cosa ha rappresentato per te Giorgio Chinaglia?
“La particolarità di Chinaglia è stata quella di averci regalato per la prima volta il diritto di riscatto e l’orgoglio di essere laziali. Giorgio ha sfidato tutti e i tifosi hanno capito di poter alzare la testa di fronte a tutti. La vittoria dello scudetto nel ’74 ha rappresentato il simbolo di questa rinascita”.

Che discorso hai fatto al funerale?
“Ho raccontato le emozioni che provavamo noi tifosi vedendo giocare la Lazio di quegli anni. Le squadre venivano a Roma e perdevano tutte, un’esperienza che non avevamo mai vissuto; per cui ho raccontato questo periodo di entusiasmo”.

Attualmente pensi ci sia un giocatore biancoceleste che faccia sentire i tifosi orgogliosi di essere laziali?
“I tempi sono diversi, ma ritengo che Immobile stia cominciando a diventare un leader e un punto di riferimento. Come ho scritto nel libro, il calciatore ideale è quello che in campo prova le stesse emozioni del tifoso. Anche l’arrivo di Romagnoli è stato fondamentale, perché la gente ha ripreso ad andare allo stadio; il fatto che sia laziale ha dato un forte impulso alla tifoseria”.

Lei ha una targa con la scritta Lazio. Ha avuto difficoltà nell’ottenerla o ha riscontrato dei problemi nel corso del tempo?
Negli Usa è possibile personalizzare la targa ed è quindi legale scegliere un nome, a patto che nessuno già lo abbia già utilizzato. Molti anni fa ho scelto questa, e ad oggi pago di più il prezzo del bollo. In Florida,  la targa normale è bianca con le scritte verdi e, avendola personalizzata a seconda degli sfondi, ho potuto scegliere di quale colore farla. Ho optato per questa perchè è la più azzurra di tutte e riporta la scritta “salvate le balene della Florida”. Il fatto è che non è solo azzurra ma ha la coda della balena, che nella mia immaginazione rispecchia le ali dell’aquila. La ho da almeno 10 anni e, a meno che io non ci rinunci, nessuno può averla”. 


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