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ANGOLO DEL TIFOSO | Ludovico: “La Lazio un vero e proprio stile di vita. Il 26 maggio stavo per svenire dalla gioia”
L’estate volge al termine, è ora di tornare a vivere al massimo la passione biancoceleste. Così, con la stagione ai nastri di partenza, in casa LazioPress.it torna la rubrica dell’ “Angolo del Tifoso“, dove i veri protagonisti siete voi. Oggi è la volta di Ludovico, laziale “di padre in figlio” che ci racconta il suo amore a tinte biancocelesti tra emozioni all’Olimpico e serate impossibili da dimenticare.
Da dove nasce la tua passione per la Lazio?
“Sicuramente da mio padre che me l’ha trasmessa portandomi allo stadio ed introducendomi sempre di più all’interno del mondo Lazio. Insomma, una passione tramandata di padre in figlio”.
Vai spesso allo stadio? Qual è stata la tua prima partita all’Olimpico?
“Sono stato abbonato allo stadio diversi anni mentre ora vado quando riesco. La mia prima partita è stato un Lazio-Benfica, preliminare di Champions League stagione 2003-04. Ricordo ancora la folla della Curva Nord e l’atmosfera generale nello stadio. Sono cose che non si dimenticano e che ti fanno sentire parte di un popolo”.
Qual è stato il momento più bello che ti ha fatto vivere la Lazio?
“Non posso che scegliere il derby nella finale di Coppa Italia! A fine partita stavo quasi per svenire dalla gioia. Ricordo ancora la tensione che si respirava le settimane prima della partita e poi gli interminabili festeggiamenti a Piazza del Popolo tutta colorata a tinte biancocelesti. È stato un pezzo di storia della Lazio che ho avuto la fortuna di vivere”.
La coreografia andata in scena all’Olimpico che ti ha emozionato di più?
“La coreografia in Tribuna Tevere in occasione di Lazio-Inter, ultima giornata del campionato 2017-18, è stata quella che mi ha colpito di più senza dubbio. In primo luogo per la rievocazione di un simbolo che erano anni che non si vedeva sulle maglie (l’aquila stilizzata n.d.r) e poi perché ho partecipato attivamente a quello spettacolo”.
Che Lazio ti aspetti nella stagione che sta per iniziare?
“Vorrei vivere una stagione all’ altezza delle aspettative dove potremo giocarcela anche in Europa, infortuni ed imprevisti permettendo. È comunque ancora presto per dare un giudizio, dovrei aspettare la fine del mercato”.
Il tuo calciatore preferito della rosa attuale? E del passato?
“Della rosa attuale indubbiamente Acerbi. Ha salvato e continua a salvarci tutt’ora da situazioni complicate in fase difensiva. Inoltre, oltre ad essere un bravo calciatore, è anche una bella persona. Per quanto riguarda un giocatore del passato invece dico Ledesma, perno del centrocampo di Delio Rossi e sempre presente! Anche lui un capitano dai nervi saldi che ha saputo affrontare con freddezza situazioni spesso incandescenti durante i derby“.
Cosa significa per te essere della Lazio?
“Essere della Lazio non vuol dire solamente tifare una squadra di calcio, essere della Lazio è anche un vero e proprio stile di vita, significa soffrire fino oltre il novantesimo per poi gioire abbracciando lo sconosciuto che ti siede accanto allo stadio perché in fin dei conti, anche se non ci conosciamo, stiamo soffrendo tutti allo stesso modo e per lo stesso motivo, la Lazio, la passione che ci unisce”.
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ANGOLO DEL TIFOSO | Scattarreggia, autore del libro dedicato a Chinaglia: “Ci ha regalato l’orgoglio di essere laziali. Se fossi riuscito a parlarci gli avrei voluto dire che..”
Paolo Scattarreggia, autore del libro “Il grido di battaglia. Come Giorgio Chinaglia ha cambiato la storia per i tifosi della Lazio” è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Laziopress. Lo scrittore ha parlato della sua esperienza da supporter biancoceleste, di quanto Chinaglia fosse importante per il popolo biancoceleste e di cosa avrebbe detto a Giorgio, se non fosse venuto a mancare prima di una cena a tre organizzata da un suo amico americano, che era solito frequentare lo stesso ristorante della bandiera biancoceleste degli anni ’70.
Come nasce l’idea di pubblicare il libro?
“Sono cresciuto seguendo la Lazio di Chinaglia quando avevo solamente 11 anni. Tra l’altro io vivevo nella zona costruita dal presidente Lenzini e avevo modo di incontrare diversi giocatori che abitavano in quel quartiere: giocavo con loro e c’era la possibilità di incrociarli. Poi la vita mi ha portato in giro e, da circa vent’anni, vivo in America. Dieci anni fa ho scoperto per caso che Chinaglia viveva in Florida e un mio amico mi propose di andare a pranzo in un ristorante, che Giorgio era solito frequentare. Purtroppo, Chinaglia morì poco prima del nostro incontro; quindi, io decisi di andare al funerale a Naples. La famiglia fu molto disponibile e mi permise di depositare la bandiera biancoceleste vicino al feretro e, parlando con i presenti, mi resi conto che non avevano alcuna idea di quanto Chinaglia fosse stato importante per noi tifosi. Durante il funerale parlai in onore di Giorgio e sua moglie mi disse che le mie parole l’avevano commossa a tal punto di chiedermi di mettere la bandiera della Lazio nel feretro del marito. Adesso la bandiera è con lui. Quindi al decennale della sua morte decisi di far uscire un libro in suo ricordo, dove ho ripercorso le vicende giudiziarie da lui vissute e raccontato i passati 40 anni vissuti da tifoso, fino ad arrivare al momento del funerale”.
Se fossi riuscito ad andare a quella cena, che cosa avresti voluto dire a Chinaglia?
(ride, ndr) Gli avrei voluto chiedere tanti aneddoti di quegli anni: da quando è andato via, fino al momento in cui è tornato. Avrei voluto sapere come fossero andare le cose, perché da presidente lui ci ha messo i soldi, ma anche il cuore. Quando ho presentato il libro ho avuto la fortuna di passare un’ora con Giancarlo Oddi che mi ha raccontato molte vicende e chissà Giorgio quanto avrebbe potuto dirmi. Mi è dispiaciuto molto non averci potuto parlare a cena, ma ho pensato che scrivere un libro in suo onore fosse il modo migliore per rendergli omaggio”.
Cosa ha rappresentato per te Giorgio Chinaglia?
“La particolarità di Chinaglia è stata quella di averci regalato per la prima volta il diritto di riscatto e l’orgoglio di essere laziali. Giorgio ha sfidato tutti e i tifosi hanno capito di poter alzare la testa di fronte a tutti. La vittoria dello scudetto nel ’74 ha rappresentato il simbolo di questa rinascita”.
Che discorso hai fatto al funerale?
“Ho raccontato le emozioni che provavamo noi tifosi vedendo giocare la Lazio di quegli anni. Le squadre venivano a Roma e perdevano tutte, un’esperienza che non avevamo mai vissuto; per cui ho raccontato questo periodo di entusiasmo”.
Attualmente pensi ci sia un giocatore biancoceleste che faccia sentire i tifosi orgogliosi di essere laziali?
“I tempi sono diversi, ma ritengo che Immobile stia cominciando a diventare un leader e un punto di riferimento. Come ho scritto nel libro, il calciatore ideale è quello che in campo prova le stesse emozioni del tifoso. Anche l’arrivo di Romagnoli è stato fondamentale, perché la gente ha ripreso ad andare allo stadio; il fatto che sia laziale ha dato un forte impulso alla tifoseria”.
Lei ha una targa con la scritta Lazio. Ha avuto difficoltà nell’ottenerla o ha riscontrato dei problemi nel corso del tempo?
“Negli Usa è possibile personalizzare la targa ed è quindi legale scegliere un nome, a patto che nessuno già lo abbia già utilizzato. Molti anni fa ho scelto questa, e ad oggi pago di più il prezzo del bollo. In Florida, la targa normale è bianca con le scritte verdi e, avendola personalizzata a seconda degli sfondi, ho potuto scegliere di quale colore farla. Ho optato per questa perchè è la più azzurra di tutte e riporta la scritta “salvate le balene della Florida”. Il fatto è che non è solo azzurra ma ha la coda della balena, che nella mia immaginazione rispecchia le ali dell’aquila. La ho da almeno 10 anni e, a meno che io non ci rinunci, nessuno può averla”.
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