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ANGOLO DEL TIFOSO | L’appello di Matteo a Immobile: ”Il mio più grande sogno è incontrare Ciro per farmi autografare il braccio e poi tatuarlo”
Matteo Rossetti, giovane tifoso laziale e grande ammiratore di Ciro Immobile, lancia un appello ai microfoni di LazioPress.it.
Puoi raccontarci la tua esperienza, quando inizia la storia?
”Tutto è nato nel 2009. Ero un bambino, avevo 11 anni, quando Ciro esordì in Serie A con la Juve: lo vidi in tv per la prima volta, era giovanissimo e, da quel momento, iniziai a seguirlo con più accuratezza in tutte le squadre per cui ha giocato. Quando arrivò a Pescara andai allo stadio per vedere dal vivo le sue partite, solo per lui. Come ogni bambino poteva avere un idolo Pelè, Ronaldinho, Messi… per me era lui, Ciro Immobile. Gli ho sempre scritto sui social, condividendo post, ma purtroppo non ho mai ricevuto risposte. Qualche mese fa scrissi anche al manager su Instagram, ma a causa del Covid, non è stato possibile contattarlo”.
Qual è il tuo sogno?
”Il mio sogno, da quando l’ho visto nel 2009, pensando che non sarebbe mai successo, era vederlo vincere la Scarpa d’Oro con la Lazio. Se questo fosse successo, mi sarei voluto tatuare la firma di Ciro sul braccio”.
Cosa vorresti dire a Immobile?
”Ho sempre seguito tutte le partite delle squadre in cui ha giocato: ho tutte le maglie, tutte le figurine. Io non chiedo nulla, vorrei solo fargli sapere che dieci anni fa ci ho sperato e creduto in quella Scarpa d’oro e per di più con la Lazio, nonostante fosse un sogno molto ambizioso. E invece, il 10 marzo 2021 io ero proprio lì sotto il Campidoglio con Ciro che viene premiato, indossando la maglia biancoceleste. Vorrei incontrare Immobile per congratularmi con lui e fargli sapere che io, forse prima di lui, ho creduto in questo sogno. Vorrei che sapesse quanto sono felice e quanto questo significhi per me. Lo seguivo da prima ancora che stesse con Jessica, mentre ora ha 3 figli. Non lo conosco, ma gli voglio bene”.
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ANGOLO DEL TIFOSO | Scattarreggia, autore del libro dedicato a Chinaglia: “Ci ha regalato l’orgoglio di essere laziali. Se fossi riuscito a parlarci gli avrei voluto dire che..”
Paolo Scattarreggia, autore del libro “Il grido di battaglia. Come Giorgio Chinaglia ha cambiato la storia per i tifosi della Lazio” è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Laziopress. Lo scrittore ha parlato della sua esperienza da supporter biancoceleste, di quanto Chinaglia fosse importante per il popolo biancoceleste e di cosa avrebbe detto a Giorgio, se non fosse venuto a mancare prima di una cena a tre organizzata da un suo amico americano, che era solito frequentare lo stesso ristorante della bandiera biancoceleste degli anni ’70.
Come nasce l’idea di pubblicare il libro?
“Sono cresciuto seguendo la Lazio di Chinaglia quando avevo solamente 11 anni. Tra l’altro io vivevo nella zona costruita dal presidente Lenzini e avevo modo di incontrare diversi giocatori che abitavano in quel quartiere: giocavo con loro e c’era la possibilità di incrociarli. Poi la vita mi ha portato in giro e, da circa vent’anni, vivo in America. Dieci anni fa ho scoperto per caso che Chinaglia viveva in Florida e un mio amico mi propose di andare a pranzo in un ristorante, che Giorgio era solito frequentare. Purtroppo, Chinaglia morì poco prima del nostro incontro; quindi, io decisi di andare al funerale a Naples. La famiglia fu molto disponibile e mi permise di depositare la bandiera biancoceleste vicino al feretro e, parlando con i presenti, mi resi conto che non avevano alcuna idea di quanto Chinaglia fosse stato importante per noi tifosi. Durante il funerale parlai in onore di Giorgio e sua moglie mi disse che le mie parole l’avevano commossa a tal punto di chiedermi di mettere la bandiera della Lazio nel feretro del marito. Adesso la bandiera è con lui. Quindi al decennale della sua morte decisi di far uscire un libro in suo ricordo, dove ho ripercorso le vicende giudiziarie da lui vissute e raccontato i passati 40 anni vissuti da tifoso, fino ad arrivare al momento del funerale”.
Se fossi riuscito ad andare a quella cena, che cosa avresti voluto dire a Chinaglia?
(ride, ndr) Gli avrei voluto chiedere tanti aneddoti di quegli anni: da quando è andato via, fino al momento in cui è tornato. Avrei voluto sapere come fossero andare le cose, perché da presidente lui ci ha messo i soldi, ma anche il cuore. Quando ho presentato il libro ho avuto la fortuna di passare un’ora con Giancarlo Oddi che mi ha raccontato molte vicende e chissà Giorgio quanto avrebbe potuto dirmi. Mi è dispiaciuto molto non averci potuto parlare a cena, ma ho pensato che scrivere un libro in suo onore fosse il modo migliore per rendergli omaggio”.
Cosa ha rappresentato per te Giorgio Chinaglia?
“La particolarità di Chinaglia è stata quella di averci regalato per la prima volta il diritto di riscatto e l’orgoglio di essere laziali. Giorgio ha sfidato tutti e i tifosi hanno capito di poter alzare la testa di fronte a tutti. La vittoria dello scudetto nel ’74 ha rappresentato il simbolo di questa rinascita”.
Che discorso hai fatto al funerale?
“Ho raccontato le emozioni che provavamo noi tifosi vedendo giocare la Lazio di quegli anni. Le squadre venivano a Roma e perdevano tutte, un’esperienza che non avevamo mai vissuto; per cui ho raccontato questo periodo di entusiasmo”.
Attualmente pensi ci sia un giocatore biancoceleste che faccia sentire i tifosi orgogliosi di essere laziali?
“I tempi sono diversi, ma ritengo che Immobile stia cominciando a diventare un leader e un punto di riferimento. Come ho scritto nel libro, il calciatore ideale è quello che in campo prova le stesse emozioni del tifoso. Anche l’arrivo di Romagnoli è stato fondamentale, perché la gente ha ripreso ad andare allo stadio; il fatto che sia laziale ha dato un forte impulso alla tifoseria”.
Lei ha una targa con la scritta Lazio. Ha avuto difficoltà nell’ottenerla o ha riscontrato dei problemi nel corso del tempo?
“Negli Usa è possibile personalizzare la targa ed è quindi legale scegliere un nome, a patto che nessuno già lo abbia già utilizzato. Molti anni fa ho scelto questa, e ad oggi pago di più il prezzo del bollo. In Florida, la targa normale è bianca con le scritte verdi e, avendola personalizzata a seconda degli sfondi, ho potuto scegliere di quale colore farla. Ho optato per questa perchè è la più azzurra di tutte e riporta la scritta “salvate le balene della Florida”. Il fatto è che non è solo azzurra ma ha la coda della balena, che nella mia immaginazione rispecchia le ali dell’aquila. La ho da almeno 10 anni e, a meno che io non ci rinunci, nessuno può averla”.
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