Edoardo Albinati, scrittore tra calcio e letteratura nonché grande tifoso della Lazio, ha rilasciato alcune dichiarazioni a Il Foglio, prima del festival editoriale denominato "Lazio magistrali". ALbinati fu il primo classificato al Premio Strega 2016 con La scuola cattolica, e si è espresso in questa intervista in merito alla sua "unica fede" biancoceleste. Queste le sue parole: "Sono di famiglia juventina, ma ho simpatizzato per la prima volta con i biancocelesti all’età di dieci anni per via del portinaio del mio palazzo, disperato per la retrocessione in serie B della squadra, durante l’ultima giornata del campionato ’66-’67. Il quartiere Trieste-Salario dove vivi non ha contribuito alla conversione, anzi chiarirei un equivoco: questo è un quartiere romanista. In proporzione minore rispetto agli altri, uno a due invece di uno a quattro. Interi campionati o singole partite si possono leggere come un insieme di peripezie. Un esempio? Un Lazio-Bari 4 a 3”, stagione ’95-’96, “incontro quasi perso contro una squadra assai più modesta. Vede, da noi vige l’incertezza. Perché non si è mai del tutto convinti di essere forti. Al contrario dei romanisti, sempre arroganti e a sproposito. Quante volte ho giurato a me stesso che non avrebbe seguito più la sua squadra? Avrei solo l’imbarazzo della scelta." "Il momento più luminoso del mio tifo fu un’invasione di campo nel 70, qualche settimana prima dei mondiali in Messico: insieme ad altri, scavalcammo le transenne e inseguimmo Giorgio Chinaglia per fargli indossare un sombrero come buon auspicio”. “Impossibile fare un confronto tra derby di Rome e derby di Milano. Perché a Roma è diverso. A Roma di rado c’è qualcosa in palio. Lo scontro è così meraviglioso perché gratuito e crudele" "Sarri? Per me l’azione ideale resta quella della Lazio di Eriksson dove si arrivava in porta con pochi passaggi. Detto questo, Sarri rappresenta una novità per cui nutro molta simpatia”.   
Rivivi l'ultima puntata stagionale di FootballCrazy, programma condotto da Elisa Di Iorio e dedicato a Pino Wilson. In studio Giancarlo Oddi e James Wilson
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