Tutto e il contrario di tutto, in piena sintonia con i quattro mesi in altalena della Lazio. Il meglio e il peggio di Sarri, che va sotto in casa contro l’Udinese difendendo oltre la propria metà campo, in pieno stile Zeman, e poi ribalta il verdetto con i suoi uomini migliori, quelli che fanno la differenza, come Immobile, Pedro e Milinkovic. Non c’è niente dell’allenatore, dal punto di vista tattico, in questa clamorosa rimonta, c’è probabilmente tanto sotto il profilo emotivo: il tecnico toscano nell’intervallo deve aver alzato la voce è ricordato a tutti cosa significa giocare nella Lazio e che cosa sarebbe successo nel caso di un terzo tracollo consecutivo. C’è la reazione immediata, tutta emotiva, con cui la Lazio cancella dal campo l’Udinese, non più spavalda e coraggiosa come in avvio: da 3-1 per Gotti a 4-3 per Sarri. Sembra un capolavoro la rimonta biancoceleste, ma arriva all’ultimo secondo il 4-4 di Arslan, che non crede ai suoi occhi quando la Lazio gli concede 10 metri di assoluta libertà. Un pareggio che ha il sapore della sconfitta, soprattutto perché in dieci capovolgi la partita e poi con la stessa Udinese in dieci non riesci a proteggerla con la stessa forza di volontà. La Lazio è crollata su una punizione banale e controllabile, se solo Reina, il cui declino si consuma partita dopo partita, gestisse la disposizione dei suoi compagni, schierati tutti davanti alla porta e distanti da Arslan. A nove punti dalla zona Champions, Sarri adesso deve cambiare i suoi obiettivi e imporre alla società, a pochi giorni dalla firma del rinnovo, un deciso cambio di rotta sul mercato. Corriere dello Sport.

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