Per un club è più facile prendere un giovane dall’estero, così si accontenta l’amico agente. Servono regole chiare”. A parlare è Mauro Bianchessi, responsabile del settore giovanile della Lazio. Il suo appello, raccolto in esclusiva da Tuttomercatoweb.com, è rivolto a tutto il mondo del calcio, con la speranza di “avere più coraggio e investire sui ragazzi nostri, che sono bravi”, dice l’ex direttore del vivaio di Milan e Atalanta.

Direttore, che stagione si aspetta? L’anno scorso fu molto positivo, con qualche rammarico finale…Mi ricordo che nel luglio 2017 abbiamo iniziato alla Lazio senza nessuna squadra qualificata ai play off e con 3 giocatori convocati in Nazionale. Poi penso alla scorsa estate dove ero arrabbiato per essere arrivati solo nei primi 8 d’Italia dopo aver vinto anche un girone, under 16 Nazionale e con ben 23 giocatori convocati in nazionale. Di strada ne è stata fatta tanta sia a livello tecnico che organizzativo che strutturale. Quest’anno è il completamento di 6 anni di lavoro alla Lazio, partendo dalla costruzione manageriale di un settore giovanile moderno, efficiente e solido ma spendendo solo 2.5 milioni per tutto quanto. Per capirci la Roma ne spende 10 e la Salernitana ne spende 4.5. Tutte le varie componenti del settore giovanile lavorano in sinergia con una metodologia e un protocollo ben chiaro al servizio del calciatore e del merito sportivo, poi, tutti quanti rispondono a me. Io rispondo al Presidente. Non so dove abbiamo trovato la forza per riuscirci ma quello che conta è che ci siamo riusciti".

Lei ha avuto sempre un occhio di riguardo per i calciatori Italiani ma ormai in Italia anche negli allievi, per non parlare della Primavera, ci sono squadre composte da molti giocatori provenienti dall’estero. Perché?Di ragazzi italiani bravi ce ne sono. Il problema è che si perdono perché non esistono regole in Italia che obbligano le Primavere e soprattutto le prime squadre a schierarli. Se non li fai giocare con i grandi mi creda, si perdono. Per un club è molto più facile andare a prenderli all’estero, si rischia di meno, si accontenta l’amico procuratore. La verità è che il calcio mercato è dominato dagli agenti a cui conviene fare affari con l’estero portando giocatori a parametro. Serve un modello vero, federale, fatto per tutelare i calciatori nostrani, altrimenti i mondiali li vediamo per la terza volta ancora in televisione. Il 67% di giocatori della Serie A è straniero, per non parlare delle Primavere. Io faccio esattamente l’opposto. Prendo ragazzini di 12-13 anni e li cresco, con un metodo e un lavoro particolare nella speranza che qualcuno di questi possa arrivare in prima squadra. Ad oggi ne ho 24 che sono nelle rose di squadre di Serie A e 32 nelle rose di squadre della Serie B. Fino all’under 18 della Lazio, di mia competenza, non ci sono giocatori provenienti da federazione estere”.

Quando vedremo qualche ragazzo del vivaio della Lazio in prima squadra?Abbiamo dei talenti, ovviamente non pronti per giocare titolari da subito in prima squadra ma per essere aggregati assolutamente si. Bisogna avere coraggio perché con i giovani si rischia di più, ma questo è un problema anche culturale e di obbiettivi. Poi alla Lazio il mio compito finisce prima, ma per questa società spero sia solo questione di tempo”.

Com’è il suo rapporto con Fabiani? È stata una novità dell’estate…Angelo è il ds responsabile della Primavera e della Lazio Women. E’ una persona simpatica, abile e intelligente che conosce il mondo del calcio come casa sua. Pur avendo sempre fatto con successo prime squadre, lo vedo molto presente e concentrato sia sulla Primavera che deve centrare l’obbiettivo di vincere il campionato che sulla prima squadra femminile. Ha ovviamente la mia piena disponibilità come tra l’altro l’aveva Tare. Poi c’è Enrico Lotito, direttore generale che ha portato energia nuova, idee ed entusiasmo. Ha una grande passione e amore per la Lazio”.

I suoi prossimi obiettivi? "Gli obiettivi che Lotito mi ha chiesto di raggiungere sono stati ampiamente conquistati. Ora il settore giovanile va avanti da sé. Penso sia arrivato il momento nella mia vita di pensare di più alla mia famiglia che al lavoro dopo 32 anni ininterrotti di calcio giovanile in giro per l’Italia. La convinzione di andarmene in pensione e di fermarmi qualche mese a rifiatare, a ricaricare le pile è sempre più forte. Vedremo. Ritengo che nessun singolo sia più importante della Lazio. Nessun calciatore, nessun allenatore, nessun dirigente. Non esiste nessun “io” esiste solo il club. Per me non è importante quello che ho fatto ma quello che lascio, ma ora è presto per parlarne abbiamo davanti una stagione molto impegnativa e stimolante”.

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