Intervenuto ai microfoni di Radiosei, l'ex giocatore della Lazio Beppe Signori ha parlato di se e della sua carriera a tutti i tifosi biancocelesti. Queste le sue parole: "Calcio scommesse? Mi arrivò una telefonata di mia moglie che mi disse che a Termini mi stavano aspettando agenti in borghese per portarmi in questura a Bologna. Io li incontrai alla stazione e chiesi cosa fosse successo, ma non seppero spiegarmi. Salì sul treno quindi ancora ignaro, quando mia sorella mi chiamò piangendo chiedendomi in quale carcere fossi: tutti i telegiornali stavano dicendo che ero stato arrestato. Chiesi quindi agli agenti di controllare con lo smartphone e mi fece vedere che ero in prima pagina come arrestato per calcioscommesse. Ho fatto dodici giorni di domiciliari prima dell'interrogatorio di garanzia davanti al GIP, con il procuratore che all'udienza disse 'mi alzo vista l'inutilità di questo interrogatorio'. Io non ho più avuto possibilità di fare interrogatori interlocutori, mi è stato solo proposto un patteggiamento nel 2016 quando questo pm li stava un po' regalando. Io ho rifiutato perché il patteggiamento è un'ammissione di colpevolezza. C'era anche la questione prescrizione, che avrebbe comunque lasciato la questione in una zona grigia, e rinunciai anche a quella. Per me vincere e dare tutto valeva in campo e anche nella vita, questo è stato il più bel gol della mia vita perché riguardava la mia famiglia, i miei amici. Se mi fossi arreso io avrei perso, da qui il titolo del libro. "Io ho avuto la fortuna di scegliere gli amici veri. C'è stata un'eliminazione naturale, alcune persone lungo la strada si sono allontanate, quindi non è stato difficile. Io ringrazio tutti quelli veri e i tifosi, ma non solo, perché ho sempre ricevuto attestati di stima e affetto, nonostante potevano esserci i presupposti per mettermi in discussione. La loro fiducia è stata importante. Pensavo di essere in un film con foto segnaletica, intercettazioni, molte in cui non ci sono neanche. Il pm mi disse che ero l'unico indagato a non aver cambiato numero, gli ho risposto di farsi due domande. Sono stato sfortunato nel 2011 a essere Beppe Signori, perché avevo l'identikit perfetto non ero tesserato, avevo il nome giusto e mi piaceva scommettere. Tutti sapevano che amavo fare scommesse, ma non avrei mai puntato sulle partite, i miei compagni lo sanno. Oggi, invece, il mio nome è una fortuna, perché mi ha permesse di raccontare la storia, altri invece no e non posso dire la verità e io sono vicino a loroGiornalisti? Alcuni li ho querelati, ma non sono state prese in considerazione dalla giustizia, nonostante continuo ad avere fiducia. L'assoluzione? Dopo dieci anni neanche ho festeggiato, c'era solo da ricomporre e tornare a una vita normale. E' successo di tutto in questi anni, ho accusato anche un'embolia polmonare a causa di questi problemi. Non ero tranquillo. Quel giorno per fortuna ero in ospedale e mi hanno riscontrato il problema. Tutto per fortuna è stato risolto, ma è stata dura" "Non andai all'Atalanta perché quando feci due provini da ragazzo, avevo 10 anni, mi lasciarono a piedi alla stazione in entrambe le volte. Quando ero più grande arrivò l'Inter che mi prese dopo un provino di otto minuti. La palla mi rimbalzò in faccia e feci gol, mi portarono negli spogliatoi e mi presero comunque, forse per tenerezza. Poi qualche anno dopo ci fu da fare una selezione e sono stato scartato, hanno puntato sull'aspetto fisico. La prima svolta della mia carriera avviene a Piacenza, quando mi venne a vedere il d.s. del Trento, che mi voleva a tutti i costi. Poi chiaramente con Zeman ho cambiato modo di vedere il calcio. Quando arrivà mi disse 'Ciao bomber', pensavo mi avesse confuso con Meluso che era l'attaccante, poi quando lui si fece male mise me come punta e divenati veramente un bomber" "Certe cose oggi non immaginabili. Noi, affianco allo Zaccheria avevamo questo campo di parrocchia, il San Ciro, dove ci andavamo ad allenare quando le condizioni climatiche impedivano di andare allo Zaccheria. La domenica c'era il mercato e noi passavamo in mezzo alle signore con le buste, oggi è una cosa impensabile". "I rigori? Io non ero rigorista alla Lazio, poi andò via Ruben Sosa e Zoff ci chiese chi voleva tirarli e mi proposi. Da lì poi mi sono inventato quel modo di calciarli, il primo lo tirai ad Ascoli. Zeman e Zoff? Zeman se lo chiedi ai difensori lo volevano ammazzare (ride, ndr), ma portò una mentalità diversa, un modo diverso di vedere il calcio: senza badare all'avversario. Zoff a me mi controllò beissimo, ma non solo a me. Lui era un campione del mondo, un simbolo della nazione, era normale che avevamo rispetto nei suoi confronti". "Di Gascoigne ho solo ricordi positivi. Molti dicono che aveva questa dipendenza dall'alcol, ma non l'ho mai visto ubriaco. Poi magari qualcuno mi smentirà. Quando facevamo tardi la sera, lui la mattina era il più arzillo e il primo ad arrivare al campo, nello spogliatoio ci gridava 'come on guys' e noi lo mandavamo a quel paese. Secondo me col suo modo di fare nascondeva le pressioni che aveva. Basta pensare che quando andammo a Londra per giocare contro il Tottenham c'erano una cinquantina di fotografi che lo aspettavano e che calpestavano gli altri per fargli una foto. Per curiosità gli chiedemmo il motivo e ci dissero che se si fossero persi anche solo un attimo di Gazza, li avrebbero licenziati. In Inghilterra c'era la Regina e subito dopo lui. Era un giocatore decisivo e folle. Forse anche per questa sua pazzia era così forte. A me fece trovare una razza sul vetro della macchina, a Manzini gli ci saliva sopra con i tacchetti oppure, quando c'erano le targhe in cartone, gli cambiava i numeri. un bravo ragazzo, forse mai aiutato e sicuramente vittima di troppi infortuni".  

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