Uno degli ex della sfida in programma lunedì sera all'Olimpico tra Lazio e Sampdoria è Vladimir Jugovic che ha presentato la sfida, aprendo anche il cassetto dei ricordi.

«Il mio anno alla Lazio fu bellissimo, giocammo tantissimo portite rimanendo in corsa per tutti gli obiettivi fino alla fine della stagione. Disputammo due finali, una in Coppa Italia andò bene, l'altra purtroppo no. Dopo la sconfitta di Parigi contro l'Inter in Coppa UEFA però capii che quella Lazio era all'inizio di un ciclo vincente».

L'altra finale pero ando diversamente: 29 aprile 1998, Lazio-Milan 3-1 e Coppa Italia in bacheca.

«Una notte indimenticabile, nella quale segnai su rigore il gol del 2.1. Il pallone pesava, fu una rete fondamentale perché arrivò subito dopo il pari di Gottardi e ci fece capire che avremmo fatto la storia, nonostante il successo del Milan all'andato e il gol del momentoneo vantaggio rossonero di Albertini. Infatti segnammo ancora con Nesta e conquistammo la Coppa. Impossibile poi non citare i 4 derby vinti in un anno, dove segnai in due di questi. Un record che dura ancora oggi. Ho solo un rammarico...».

Quale?

«Essere rimasto un solo anno. Mi sarebbe piaciuto giocare più tempo in quella Lazio, soprattutto perché, come detto, si capiva che quella squadra era all'inizio di un ciclo vincente. Mi fidai del progetto che mi proposero Sacchi e Vieri all'Atletico Madrid, dove alla fine rimasi una sola stagione prima di tornare in Italia».

Prima di Lazio e Juventus, un triennio vincente anche a Genova e tanti campioni come compagni di squadra...

«La mia primo esperienza lontano da caso. Tre anni meravigliosi, quelli della mia gioventù, furono i più belli nella storio della Sampdoria. Una squadra che era nel mio destino, visto che l'affrontai l'anno prima in Coppa dei Campioni con la Stella Rossa, quando Mancini e compagni persero la finale con il Barcellona».

Dal passato al presente: Lazio-Sampdoria sarà anche la partita di Mihajlovic, tuo ex compagno di squadra a Belgrado e Genova. Che rapporto avevate?

«Sicuramente speciale. Avevamo coratteri diversi ma ci rispettavamo come fanno i veri amici. Era quello il nostro segreto. Alla Sampdoria eravamo anche compagni di stanza, tra di noi c'era un legame unico. La sua scomparsa è stata una dura perdita per tutti».

Ora sulla panchina della Sampdoria c'è un altro profilo che conosci bene, Stankovic. È l'uomo giusto per centrare il miracolo salvezza?

«Ne sono certo, Deki non molla mai. E un grande leader e con la Stella Rosso ha dimostrato di essere un vincente anche in panchina, proprio come era do calciatore. Vi svelo un retroscena: fui io a garantire per lui quando venne acquistato dalla Lazio, basta leggere gli articoli dell'epoca. Lo conascevo bene, giocavo nella Stella Rossa. Stankovic arrivò la stessa estate in cui passai all'Atletico Madrid, ero sicuro che avrebbe fatto una grande carriera».

In chiusura: la Lazio di Sarri può arrivare tra le prime quattro?

«Spero di sì, come mi auguro che il mister possa conquistare un trofeo importante alla guida della Lazio, come ha fatto con Chelsea e Juventus. I biancocelesti giocono bene e hanno tanti calciatori di qualità. Milinkovic è un giocatore incredibile , il mio preferito però è Immobile: mi sono sempre piaciuti gli attaccanti bravi ad attaccare lo spazio in profondità come sa fare Ciro».

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