Il processo, come al solito, è aperto. Alla fine, anche questa sessione di mercato, si chiude con la delusione dei tifosi che si aspettavano di più. Sul banco degli imputati il presidente Lotito e il ds Tare, non basta l’arrivo del giovane attaccante Cabral dallo Sporting e il tesseramento, peraltro tardivo, di Kamenovic, già bocciato dal tecnico a restituire il sorriso a un popolo da tempo dilaniato da un’insensata lotta intestina. Ma, per prima cosa, va ricordato alla maggior parte dei sostenitori biancocelesti un elemento fondamentale per fare mercato: i soldi. La società si è sempre autogestita, non c’era grande possibilità di manovra in una sessione bloccata dall’indice di liquidità. Inutile parlare delle cessioni in prestito di nove giocatori con un risparmio di 10 milioni lordi di stipendi inutili per il club, non è sufficiente a bloccare l’assalto alla diligenza. Tare è il peggiore ds della storia per gli ultimi errori dimenticando i tanti colpi centrati, Lotito un presidente avido e abituato ad usare la Lazio per interessi personali: un disastro cosmico con Sarri spettatore incolpevole di una realtà disorganizzata e allo sbando. Poi, però, rotola il pallone e ci sono i risultati sportivi a confermare che, pur con tanti scivoloni, la squadra ha ottenuto nell’ultimo decennio risultati importanti anche rispetto alle dirette concorrenti. Altri club, pur spendendo molto di più, hanno vinto meno e hanno un bilancio più appesantito di quello biancoceleste, quindi, di sicuro, la Lazio deve nmigliorare in tanti aspetti, così come i tifosi dovrebbero avere maggiore benevolenza verso tutti quelli che indossano la maglia del più antico club della Capitale. Di sicuro c’è la struttura societaria con l’addio di Peruzzi sottovalutato, così come i rapporti tra Tare e Sarri: Lotito è chiamato a una mediazione che può fare solo il bene della Lazio. Il Tempo/Luigi Salomone

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