Il futuro della Lazio è già adesso. E due sono i nomi copertina in vista dell'estate. Il primo è quello di Maurizio Sarri, che dovrà decidere se andare avanti alle stesse condizioni oppure rinnovare il contratto con il club. Il secondo è quello di Milinkovic, gioiello più prezioso di una rosa che va rivoluzionata. Con o senza di lui, fa tutta la differenza di questo mondo. Ha parlato di entrambi Lotito, partendo proprio dal rapporto che c'è con l'allenatore dei biancocelesti. «Abbiamo già concertato una programmazione, al di là degli aspetti formali c’è grande intesa. Sta dimostrando di essere un allenatore di qualità, vive di calcio ed è importante per una squadra che ambisce a grandi obiettivi», ha detto il patron l'altra sera. Eppure la firma sul nuovo accordo con la Lazio, annunciata dal presidente stesso durante la cena di Natale lo scorso dicembre, ancora non è arrivata. Sarri vuole garanzie, deve capire se le sue richieste in fatto di mercato possono essere soddisfatte per proseguire con il suo progetto. Non può ripetersi quel che è accaduto a gennaio. Entro il 22 le parti dovranno fare chiarezza sulla vicenda, Lotito non ha intenzione di mandarlo via e il tecnico ha sempre confermato di trovarsi bene a Roma. Discorso rimandato quindi alla fine della stagione, quando si saprà anche il posizionamento finale della squadra.

Molto più complessa invece la situazione legata al Sergente. A domanda diretta, il numero uno della società laziale ha risposto: «L'ho messo in vendita? Parlate sempre di denaro, io di qualità tecnico-morali dei giocatori. Milinkovic non è in vendita, lo stimo molto. Non l'ho mai messo in vendita, c'è il cartello vendesi? Per comprare c'è bisogno di chi vende. Io stimo molto Sergej, può fare la differenza e con lui ho un buon rapporto. Se dovesse essermi richiesto da un club top nel mondo, io chiederei al giocatore che vuole fare. Nella mia società esiste prima il valore umano e poi quello economico. Quando mi fu fatta un'offerta indecente da 140 milioni, ho ritenuto di non venderlo». Anche se non è certo un mistero che il serbo, arrivato a questo punto della carriera (e a questo livello), vorrebbe giocare con regolarità la Champions League. Trattenerlo per l’ottavo anno a Roma non sarà facile. Il Tempo/Daniele Rocca

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