All'88esima edizione del concorso ippico internazionale di Piazza di Siena era presente Duccio Bartalucci, ex commissario tecnico della Nazionale Italiana di S.O. e Direttore Sportivo delle discipline non olimpiche FISE. Fede biancoceleste, figura di assoluto riferimento per il mondo equestre e cavaliere di livello internazionale, ha rappresentato l’Italia del Salto Ostacoli come membro della Nazionale partecipando a oltre 50 Coppe delle Nazioni, dal 1972 al 1997. Queste le sue parole rilasciate in esclusiva su Laziopress.

Com’è nato l’amore per i colori biancocelesti? "Nasco a Modena e vengo a vivere a Roma all'età di 5 anni. Mio padre è toscano e tifa Fiorentina, però per spirito di contraddizione divento tifoso del Milan nell'anno in cui i rossoneri si giocavano lo scudetto con i viola. Poi nella Capitale mio padre inizia a portarmi allo stadio a vedere le partite della Roma e della Lazio; subito sono rimasto colpito dai biancocelesti. Col tempo, mi sono sempre più avvicinato a questo mondo ed è scoppiata una laziomania più totale.

C'è stato un giocatore che ha influenzato la sua scelta? La Lazio di Chinaglia mi ha conquistato. Tempo fa una mia fan-amica napoletana mi ha mandato il programma per il Gran Premio del concorso internazionale di Napoli del 12 maggio 1974 dove c'è scritto "Duccio Bartalucci non partito", perchè ero tornato indietro per vedere la vittoria del primo scudetto biancoceleste. Questo è il mio DNA tra l'equitazione e il calcio, sono sempre stato molto appassionato".

Tornando alla Lazio attuale, un suo commento su Maurizio Sarri. "Luca Marziani è un cavaliere che io ho avuto in squadra in questi anni da commissario tecnico. È laziale più sfegatato di me, spesso ci messaggiamo durante le partite se non le vediamo insieme. Negli scorsi anni lamentavo l'approssimazione della Lazio in attacco, e pensavo ci volesse qualcuno come Sarri per insegnare alla squadra cosa fare in fase offensiva. Entrambi ci auguravamo che venisse alla Lazio, o qualcuno con quei concetti. Nell'equitazione io sono sostenitore di un concetto che è quello di allenare e simulare quello che poi accadrà nella gara. Nello sport di squadra è fondamentale, così come per il cavallo che è da preparare".

Cosa si aspetta dal calciomercato estivo? "Spero che venderemo qualcun altro al posto di Milinkovic. Mi auguro che la società faccia degli acquisti intelligenti, anche spalmando gli importi su più anni come hanno fatto altre squadre. Dobbiamo conservare un'ossatura, partendo da Immobile e Milinkovic".

Il prossimo anno, a cosa dovrebbero ambire i biancocelesti? "Penso che la Lazio debba scalare almeno una o due posizioni, potremmo anche essere la sorpresa del campionato. Quest'anno sono mancati i cambi e ci sono stati dei problemi in difesa".

Ha qualche aneddoto da raccontare? "Ho cinque figli e volevo mandarli alla scuola pubblica. In quegli anni non ho potuto seguirli tantissimo, perchè ero molto impegnato nella carriera sportiva: quasi tutti i fine settimana ero in gara, all'estero o in Italia. In una settimana che non avevo gare, mio figlio più grande mi chiese di andare a vedere Roma-Lecce. Aveva 7 anni e ha insistito, quindi l'ho portato allo stadio. Fu una giornata incredibile: mentre vedevo i giallorossi disperati, a me veniva da ridere, però dovevo trattenermi. Ripetevo a mio figlio di non dire che fossi della Lazio. Poi sulla strada del ritorno, uscendo dalla Monte Mario, sono esploso in canti di gioia. Decido poi di mandare alla scuola pubblica anche la mia seconda, terza e quarta figlia e diventano filo-romaniste. Ma alla nascita del mio quinto figlio, prendo una decisione storica: lo mando da Suor Paola e comincio a seguire l'evoluzione. Ogni giorno tornava con la maglia di Signori e Casiraghi, col pallone firmato da Bokšić... Finito il ciclo delle elementari, era diventato un piccolo ultrà laziale. Mia suocera che lo seguiva negli studi mi disse "Suor Paola ha compiuto una missione calcistica fantastica. Però con lo studio non va benissimo, quindi adesso possiamo mandarlo alla scuola pubblica".

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