Sulle montagne russe, come sempre. Il trionfo di Napoli, gli abbracci a fine partita in mezzo al campo, la consapevolezza di essere finalmente maturi andando a vincere al Maradona: tutto perfetto. Poi, solo quattro giorni dopo, il suicidio contro l’Az Alkmaar che mette in discussione il cammino in Conference League. L’ennesima caduta in Europa, sempre più maledetta per i biancocelesti, incapaci di giocare grandi partite in mezzo alla settimana. Per carità, le sconfitte sono arrivate anche in campionato, così come i cali di tensione ma, alla fine, la classifica recita un confortante terzo posto solitario alla venticinquesima giornata (sarebbe quarto senza la penalizzazione della Juventus). Un bilancio molto positivo che però non viene confermato fuori dall’Italia. In questa stagione l’eliminazione dal girone di Europa League con Sturm Graz e Midjtilland (clamorosa la sconfitta 5-1 in Danimarca), non proprio due squadroni che ha portato la retrocessione in Conference. Dove è arrivato il sofferto passaggio del turno contro il Cluj prima del ko interno di martedì contro la terza in classifica dell’Eredivisie, l’Az di Alkmaar.

Un feeling con l’Europa che è finito nella tragica notte di Salisburgo, il 5 aprile del 2018. Fino a quel momento con Petkovic prima e dopo con Simone Inzaghi, la Lazio aveva fatto registrare una crescita complessiva. Una vittoria nelle ultime diciassette trasferte europee fotografa il rendimento dei biancocelesti che pure nei sorteggi stanno pagando i modesti risultati. Lazio anche sfortunata perché contro gli olandesi non meritava la sconfitta ma ha pagato quel cocktail letale di presunzione e calo fisico dopo lo sforzo di Napoli. Vecchi difetti che nemmeno Sarri è riuscito a curare: per molti è colpa della rosa troppo corta, per altri della sottovalutazione delle seconde linee da parte del tecnico toscano. Che va avanti senza deroghe sul suo spartito tattico e di comunicazione. La maggioranza dei tifosi è con lui anche se a qualche voce fuori dal coro non piace la gestione da parte del comandante delle riserve, tenute troppo ai margini. Insomma, qualche dubbio c’è, l’errore più grande che può commettere l’ambiente laziale, da sempre malato di autolesionismo, è dividersi su un allenatore che sta facendo bene. Se riuscisse anche a smussare qualche spigolo del suo carattere, sarebbe meglio, per tutti ma in ogni caso il futuro è ancora tutto da scrivere. In campionato e anche in coppa, dove c’è da giocare una partita di ritorno in Olanda, si può ancora centrare gli obiettivi di inizio stagione. Basterà non farsi prendere dai nervi e provare a non sbandare alla prossima curva: solo così si potrà tornare ad ascoltare la musichetta della Champions a settembre. Il Tempo/Luigi Salomone

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