Dove osano le aquile. La Lazio sfida il buon senso e le polemiche. E rimanda in campo Juan Bernabé, il falconiere sospeso e finito alle cronache per il saluto romano al grido di “Duce, duce”, sfoggiato sotto la Tribuna Tevere per festeggiare la vittoria sull’Inter dello scorso 16 ottobre. Come se niente fosse, appena un mese e mezzo dopo, rieccolo libero, in divisa ufficiale biancoceleste, sorridente, prima del fischio d’inizio contro l’Udinese. L’aquila Olympia viene lanciata dall’alto, Juan Bernabé scorrazza sull’erba per riceverla col suo guantone nell’incredulità generale. Già, perché nessuno se lo aspetta, da lontano la sua sagoma si riconosce, ma si capisce che è davvero lui appena il suo faccione felice viene inquadrato dalle telecamere. Proprio lui, quello che – parole rilasciate in un’intervista al Messaggero - "Stimo Franco e Mussolini perché in Spagna e in Italia hanno fatto tante grandi cose". Giusto per rincarare la dose, dopo aver messo la società in imbarazzo per quel gesto sì condannato, ma a questo punto solo temporaneamente. Sospeso per appena quattro partite. L’aquila Olympia vola soltanto in casa, dunque Juan Bernabé ha saltato Marsiglia, Fiorentina, Salernitana e Juve, comprese l’Europa League. Era stato sostituito prima dal fratello José Maria e poi dal genero Matteo, nelle precedenti gare. Un’anima della Lazio spingeva per tenerlo in punizione almeno sino a fine stagione. Invece, ora il club risponde: "È stato sanzionato e diffidato, l’eventuale recidiva comporterà il definitivo allontanamento come intimato alla società esterna di cui fa parte". Alla fine, prevale insomma la linea morbida del presidente Lotito: "Ha fatto una cavolata, ma è una brava persona e non può pagare in eterno". Un buffetto e riprende il volo. Anche se i tre giri completi di Olympia non portano fortuna alla Lazio. L’inizio è da incubo, i fischi da subito. La Curva è l’unico settore con un po’ di colori e pubblico. Il resto dell’Olimpico fa eco, è semi-deserto. Il dato dei biglietti venduti recita un inquietante 7100, è il secondo peggiore nell’ultimo ventennio. Per registrare simili numeri bisogna tornare all’incontro casalingo col Napoli (4300) del 2007/08. Colpa anche della mancata campagna abbonamenti a cui ha deciso di rinunciare la Lazio, allarmata dai contagi per le varianti Covid e le conseguenti possibili restrizioni della capienza nello stadio. Il Messaggero.

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