Regge fino all’ultimo, squassata dagli assalti veementi ma confusi della Lazio, la Maginot innalzata contraggenio da Gasperini, costretto a fare le barricatedalle dieci-assenze-dieci che hanno ridotto l’Atalanta ad una compagnia di ventura.
La Lazio aveva sprecato l’intero primo tempo intestardendosi in un palleggio sterile, per poi ritrovare verve e passo nella ripresa, anche grazie ai cambi decisi da Sarri (in particolare Lazzari per Hysaj) e all’infortunio muscolare (flessori della coscia sinistra) che ha tolto di mezzo sul più bello Miranchuk, un ectoplasma nel primo tempo, risalito a galla nella prima parte della ripresa. La Dea termina il soffertissimo match ai minimi termini, perdonate il bisticcio di parole, mandando in campo due esordienti prelevati dalla squadra primavera, Sidibe e De Nipoti, e con Toloi schierato a centrocampo per mancanza di alternative di ruolo. Sfiorato l’affogamento nel Ticino, (il Piave sarebbe stato troppo grazia) la squadra del Gasp raggranella un buon punto. Un punto che invece serve poco e niente alla classifica della Lazio, squadra sempre in procinto di decollare e regolarmente costretta a rimettere i piedi a terra. Il palo colpito da Zaccagni a Musso ampiamente battuto al minuto 18 del secondo tempo, alla resa dei conti rimane l’unica limpida occasione da gol creata dai biancocelesti. Non si può dunque parlare di sentenza iniqua, semplicemente le due squadre, normalmente assai prolifiche (90 gol segnati in due, 46 la Lazio, 44 l’Atalanta) nell’occasione debbono accontentarsi di rosicchiare le bricole della mensa imbandita.

Chissà quale goloso spettacolo ci avrebbero offerto Lazio e Atalanta se non si fossero presentate in campo mutilate di ben quindici elementi, falcidiati a vario titolo da squalifiche, infortuni e dalle peste contemporanea prodotta dl Covid19. Cinque gli assenti fra i romani (Cataldi, Radu, Pedro, Acerbi e Akpa Akpro) e addirittura dieci nell’Atalanta: Gosens, Zapata, Malinovskyi, Ilicic, Hateboer, Pasalic, Muriel, Koopmeiners, De Roon. Un prelibato banchetto da gourmands ridotto giocoforza ad una spartana merenda sull’erba dell’Olimpico. I cinquemila spettatori ammessi alla scarna rappresentazione hanno ingoiato il boccone di un calcio svirilizzato dal bando al pubblico imposto dalle norme sanitarie. Bravi, dopotutto, i calciatori a non farsi irretire dall’atmosfera vagamente onirica e rarefatta del grande stadio romano. I frati sono magri e questa volta neppure il convento annega nei bagordi. Meglio la ripresa della prima, sbiaditissima frazione di gioco. ma nulla che si avvicini allo spettacolo che di solito offrono le due squadre.

Un poco più Lazio che Atalanta nel primo tempo, e tuttavia portieri a braccia conserte e taccuino praticamente vergine non fosse per le due ammonizioni toccate a Pezzella e Zappacosta, i due esterni del defedato centrocampo della Dea, riarrangiato da Gasperini schierando il granatiere diciottenne Scalvini, un difensore di ruolo, a far da spalla a Pessina, con la consegna di restare appicciato a Milinkovic Savic e di arginarne al meglio la strapotenza atletica. Missione compiuta, almeno finché il ragazzo è rimasto in campo, poi sostituito al quarto d’ora della ripersa da Maehle. Mangiucchiata la pagnotta di giornata senza particolari slanci, la Lazio ha alzato il ritmo nei secondi 45’ minuti. Ma senza grandi risultati, salvo nel finale quando l’Atalanta, stremata e ulteriormente indebolita dalle uscite di Scalvini, Miranchuk e infine di Pessina, è scesa definitivamente in trincea rinunciando del tutto ad attaccare l’avversaria. Piccoli ha onorato il suo cognome, sparendo via via dal terreno di gioco. E’ promesso al Genoa, andrà in Liguria a farsi le ossa..

Il turco Demiral, memore forse di epici duelli df’antan condotti dai suoi antenati in difesa della Mezzaluna, è rimasto appicciato a francobollo ai lombi di Immobile e lo ha braccato in ogni centimetro quadrato di campo, lasciandogli appena qualche sgasata innocua. Le rare colte il cui Demiral non arrivava, spuntava Palomino, quasi un libero aggiunto, pronto a spazzare l’area da qualunque minaccia si profilasse. due esterni offensivi di Sarri, Felipe Anderson e Zaccagni, sono rimasti sempre molto larghi ingaggiando sui lungolinea duelli più figurati che reali rispettivamente con Pezzella e Zappacosta. In mezzo al campo Lucas Leiva, nei panni dello squalificato Cataldi, ha provato a dare ordine alla manovra laziale, incrociando le lame con Pessina. Pari e patta o giù di lì l’esito del duello. Sul fronte offensivo della Dea, nebbia fitta. L’aitante Piccoli ha sbattuto mordendo nel duro contro l’agile ed esperto Luis Felipe, mentre Miranchuk ha dato forfeit proprio quando era tornato in gioco con un paio di conclusioni in porta, una appena larga l’altra parata da Strakosha. Gli unici due tiro in porta dell’Atalanta nell’intero match.

Meglio la Lazio della ripresa, peraltro appesantita dalla latitanza di Felipe Anderson alla quale ha supplito il brillante Lazzari. Non pervenuto Luis Alberto, l’ombra del classico ed elegante facitore di gioco dei tempi che furono. Frueler non si è neppure dannato l’anima per farlo girare alla larga dalla sona calda. Ricordato il palo schioccante colto da Zaccagni e i due tiri ravvicinati nel tempo di Miranchuk, non resta molto altro da riferire. Salvo un destro appena oltre l’incrocio scoccato da Marusic e le acrobazie gasperiniane per ricomporre in corsa una formazione slabbrata e piena di buchi, facendo ricorso prima a Toloi per Miranchuk e ne finale ai due ragazzini, Sidibe e De Nipoti, venti e diciannove anni. Se vogliano vedere il bicchiere mezzo pieno, il vivaio atalantino con Scalvini e i due sbarbatelli, qualche bella sorpresa è sempre in grado di presentarla. Calciomercato.com

Rivivi l'ultima puntata stagionale di FootballCrazy, programma condotto da Elisa Di Iorio e dedicato a Pino Wilson. In studio Giancarlo Oddi e James Wilson
Leggo | Sarri fermo al palo di Zaccagni, Gasperini (in emergenza) strappa il pari