Ai microfoni di Verissimo, la leggenda biancoceleste Beppe Signori ha deciso di raccontare buona parte della vicenda legata al calcioscommesse. Ecco quanto detto ai microfoni di Silvia Toffanin:

"Ero a Roma dai miei figli quando improvvisamente mia moglie mi disse che era stata fatta una perquisizione nella casa di Bologna e che sarebbero venuti due carabinieri alla stazione di Roma per scortarmi in questura. Poi, dopo che i due poliziotti mi avevano prelevato ho ricevuto, in treno, una chiamata da mia sorella in lacrime e ho scoperto da lei quello che stava succedendo. Lì sono iniziati i miei dodici giorni di domiciliari.

Subito dopo l’arresto, per diversi mesi, sono rimasto in casa perché mi vergognavo anche se non sapevo neanche di cosa. Quando sono uscito per la prima volta, ho visto nelle altre persone uno sguardo diverso ma probabilmente ero io che in quel momento vedevo tutto nero. Non volevo cadere in una prescrizione che poteva sembrare una sorta di resa. Rimanere in quel grigiore non è mai facile, volevo dimostrare a tutti i costi la mia innocenza. E questa sentenza definitiva ora mi permette di respirare".

Sui momenti difficili, tra cui l'embolia polmonare, e sugli obiettivi futuri:

"Non sono arrivato a ipotizzare di fare cose così brutte ma ho vissuto grandi difficoltà. Non dormivo e non riuscivo più a guardare la televisione perché avevo paura potessero arrivare delle notizie. Mi sono chiuso in me stesso e in quei momenti l’amore della mia famiglia è stato determinante. È successo tutto all’improvviso: dopo aver fatto una radiografia per un dolore alla schiena il dottore mi disse che dovevo fare subito un elettrocardiogramma. Durante questa visita il cuore è impazzito e stavo per avere un infarto. Per fortuna ero già in ospedale. Mi piacerebbe lavorare in un settore giovanile. Ho il patentino per allenare in qualsiasi categoria, ma visto che ho cinque figli forse i bambini mi darebbero più soddisfazione”.

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