Sembrava che il tempo degli eventi fosse diverso dal loro. Adesso però, qualcosa pare cambiato e le sette gare che condurranno da qui alla fine della stagione, diranno se davvero c’è stata una piccola rivoluzione copernicana nella Lazio di Sarri. L’asse portante della vittoria contro il Sassuolo è passato attraverso tre pedine che, a loro modo, erano parse avulse al «Sarri Ball», il gioco che ha reso celebre in Italia, ma anche a Londra e in Premier, il tecnico toscano.

Luis Alberto e Manuel Lazzari hanno dimostrato che – da «inzaghiani» di ferro – possono funzionare (e bene) anche in questa Lazio. Insieme a Mattia Zaccagni – per il quale, a dire il vero, gli stop non erano determinati da scelte tattiche quanto da due importanti infortuni – l’ossatura della squadra ha ritrovato giocatori forse troppo frettolosamente ritenuti inadatti al- l’avventura sarriana.

Non un dettaglio. Specie pensando all’appuntamento imminente, l’incontro tra il presidente Lotito e l’allenatore fortemente voluto, per costruire un prolungamento di contratto che, lo si è capito chiaramente, è condizionato solo da quelle che saranno le scelte in chiave di mercato. La partita di ottimo livello fornita da Lazzari potrebbe aprire scenari nuovi per l’esterno laziale che, probabilmente, è uno de titolari fissi della passata stagione che ha patito più di tutti il passaggio alla difesa a quattro. Sembrava essersi perso, adesso invece pare pronto per un recupero che pareva assai difficile solo qualche settimana fa. Anche per Zaccagni c’è voluto tempo. Da trequartista dietro le punte nel Verona, ha dovuto metabolizzare un ruolo più esterno, che tuttavia esalta le sue qualità tecniche, soprattutto nella capacità di saltare l’uomo. Questa, se vogliamo, era una naturale maturazione perché il suo adattamento imponeva la necessità di tempi adeguati. Infine, Luis Alberto. Si è scritto e detto tantissimo del rapporto tra Sarri e lo spagnolo. Il quale, abituato a fare con Inzaghi la classica mezzala, ha impiegato un po’ per capire che nella mediana di Sarri viaggia ad altre velocità, per ragioni tattiche e di equilibrio tra i reparti. Eppure – e Sarri lo sa benissimo – quando il numero 10 ha la possibilità di mettere il proprio talento al servizio della squadra, la qualità del gioco cresce in modo esponenziale. La gara col Sassuolo l’ha dimostrato. Quella col Genoa potrebbe confermarla anche per il finale di stagione. CorriereDellaSera

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