Come Felice, il portiere del 1974. Sinisa ha scelto lo stesso giorno di Pulici (quattro anni fa, maledetto 16 dicembre) per lasciare un vuoto indelebile per i suoi cari e per tutti quelli che lo hanno amato da giocatore o allenatore ma soprattutto come uomo. Il mondo Lazio piange un altro eroe troppo presto strappato al mondo che si è dovuto arrendere a una malattia infame: la leucemia non gli lasciato scampo in tre anni. Ha lottato come sempre ma, alla fine, ha detto basta alle sofferenze in un piovoso venerdì di dicembre. Lascia una famiglia splendida, la moglie Arianna e cinque figli che gli sono stati accanto fino all’ultimo. Una carriera scandita da tanti successi e qualche caduta ma aveva saputo sempre rialzarsi con quella grinta che lo aveva reso un idolo di tutte le tifoserie per cui ha lavorato nel corso di questi anni. È inutile ricordare i momenti indimenticabili con la maglia biancoceleste, la squadra che non aveva mai nascosto gli era rimasta nel cuore più di ogni altra. Non avrebbe mai voluto lacrime, avrebbe preferito quel brusio che accompagnava ogni sua punizione, in pratica un’anticipazione del gol che sarebbe arrivato poco dopo. Ecco Sinisa, mettila all’incrocio anche in paradiso e corri sotto la Nord: i laziali non smetteranno mai di amarti. Il Tempo/Luigi Salomone

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