La sua parola è solenne come un giuramento di fedeltà. Sarri porta tutti a cena, sperando non sia l'ultima e, soprattutto, stavolta non ci sia nessun bacio di Giuda. Celebriamo l'eucaristia. Mau lo aveva promesso nella settimana dei confronti e della riconciliazione con il gruppo subito dopo la debacle di Bergamo contro l'Atalanta. Da allora Mau è venuto più incontro alle esigenze dei giocatori (niente doppie sedute) e ieri sera li ha trascinati insieme al suo staff al ristorante l'Invito vicino a Formello per una serata di spensieratezza e allegria. Sfruttando il giorno di riposo, nonostante il ko con la Fiorentina. Non cambia il programma né la strategia: bisogna mantenere l'unità interna per superare la tempesta esterna. Martedì mattina c'è stato un breve confronto, il gruppo è stremato, ma ha dato segnali di vita: «Mancano 12 giornate, mister, crediamo ancora alla risalita con un grande finale in Serie A». È tosta con il Bologna a +8 al quarto posto in classifica, ma Sarri deve cavalcare questa fede e continuare a comportarsi come un pater familias, non più come il Messia. Stringersi intorno alla squadra rimane l'unica via.

PERICOLO E CRITICHE

Dal vecchio "patto dei Parioli" nel 2022 nacque una nuova Lazio. Al di là delle eventuali imprese contro Bayern in Champions e Juve in Coppa Italia, è l'ultima speranza da qui a giugno per riprendersi il campionato. È a rischio persino l'Europa, in questo momento, con l'aggancio del Napoli a quota 40 punti all'ottavo posto. Solo cinque volte (in 19 stagioni) non è arrivata la qualificazione alle Coppe nell'era Lotito. Sarebbe un dramma per le casse biancocelesti, ecco perché il patron tiene in bilico anche il futuro del tecnico: “Il mio matrimonio con la Lazio è indissolubile” la chiosa a Tag24 “mentre quello con Sarri non lo so. Non l'ho sentito. Non ho potuto seguire la squadra in questi giorni, non ho avuto il tempo perché sono stato impegnato nella Commissione bilancio”. Parole che ieri pomeriggio hanno fatto infuriare i tifosi, tornati a invocare un passaggio di proprietà in questo frangente delicato, proprio perché il presidente sembra più distante e sempre impegnato in Senato. Necessaria dunque in serata la precisazione del patron: «Seguo costantemente la Lazio, come ho sempre fatto nei miei 20 anni di presidenza. È stato travisato il mio pensiero». Oltretutto il ds Fabiani ha preso le redini di Formello, sta facendo da intermediario fra Sarri e Lotito, fra cui è sceso il gelo.

TURNOVER D'OBBLIGO

La società ritiene che la "vecchia guardia" sia la principale responsabile dei blackout di quest'anno ma, dal Milan al Milan (domani sera all'Olimpico), non tollera l'alfabeto sbandierato da Sarri (x, y, c e d) dopo le sconfitte per esprimere il suo malcontento sui rinforzi di agosto: «Lui e i giocatori si assumano le loro responsabilità senza trovare sempre alibi. Non c'entra nulla il mercato con il ko contro la Fiorentina e gli altri nove di questo campionato», la puntualizzazione di Lotito. Oltretutto irritato dalla gestione della rosa allungata da parte del tecnico, sopratutto nell'ultimo filotto di fuoco. Con gli infortuni e le squalifiche, utilizzata praticamente la stessa formazione per cinque gare di seguito. Da inizio anno nove "prescelti" non tirano il fiato: Provedel (97%), Zaccagni (56%), Immobile (57%), Lazzari (58%), Romagnoli (69%), Luis Alberto (72%), Guendouzi (75%), Felipe Anderson (82%) e Marusic (85%). Normale che lunedì non ci fossero le forze per stare in piedi, il Franchi si è trasformato in una Caporetto. L'infermeria era un macigno, ma restano tre fantasmi nell'organico: che fine hanno fatto Pellegrini, Kamada e Castellanos? Non erano meglio di tanti acciaccati, anche di alcuni subentrati a mezzo servizio? Adesso utilizzarli col Milan diventa necessario, pensando anche al Bayern Monaco. Lotito e Fabiani spingono per far diventare il turnover un obbligo per salvare la Lazio dall'anonimato.

Alberto Abbate//Il Messaggero
 

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