Balla, balla, balla ancora Pedrito. Scatenati di nuovo sotto la Nord: «Incredibile l’atmosfera all’Olimpico, continuiamo così. Avanti Lazio». E pensare che era uscito malconcio martedì sera dal campo. La caviglia è già ok, Pedro è di nuovo caldissimo per domani pomeriggio alle 18. Il colore viola lungo il cammino d’altronde rappresenta solo un buon segno. L’anno scorso fu proprio lo spagnolo a regalare il successo, il 27 ottobre scagliò un missile all’incrocio. Rewind di un giallorosso ormai sbiadito: aveva già segnato con la maglia della Roma, era il secondo centro contro la Fiorentina all’Olimpico. Un altro gol, l’eventuale terzo nel proprio stadio (già venduti tredicimila biglietti, raggiunta quasi quota quarantamila spettatori), e diventerà il club italiano (insieme all’Udinese) più punito dal furetto di Tenerife nel nostro campionato. L’obiettivo insomma è il terno, rientrare subito nel tabellino, anche se Pedro è molto altro. Contro il Milan, forse un po’ intorpidito dal gelo all’inizio, devastante col passare dei minuti sul cronometro. Prima un cioccolatino per Felipe Anderson, poi quello scartato da Marusic per il raddoppio di Zaccagni con l’aiuto del palo. Un esempio per tutti, assatanato, il sangue agli occhi della Lazio. Pedro sgomma e sguscia come un niño diabolico, guadagna su Kalulu persino il rigore del 3-0. Impossibile fermare questo trottolino.

PART-TIME - Quand’è così lampante il contributo al trionfo, non essere fra i marcatori è solo un dettaglio. Come il fatto che Pedro non sia sempre un titolare fisso. Al Chelsea Sarri dava una maglia allo spagnolo e poi a chiunque altro. Alla Lazio, a 35 anni, Maurizio vuole allungargli la carriera da fenomeno e ha imparato a gestirlo. Perché oltretutto Pedro, rispetto a Zaccagni e Felipe Anderson, è un’arma in più anche a minutaggio ristretto, l’unico a subentrare col veleno (lo dimostrano 2 gol e 1 assist su 4) per cambiare subito il passo. Con l’Empoli aveva toppato l’ingresso e aveva subito chiesto scusa al tecnico. Perché Pedro è anche un campione umile, nonostante abbia vinto tutto ovunque sia andato. Fra lui e Sarri è speciale il rapporto, lo spagnolo lo ha persino aiutato e insistito più volte nel reinserimento dell’amico Luis Alberto: «Il Mago è forte, gli ho detto che deve rimanere qui perché ha la qualità per farci fare il salto», aveva giurato Pedro, in un’intervista di metà dicembre al Messaggero nel mini-ritiro turco. Pronostico centrato a gennaio.

ATTESA - Profeta, leader, un monumento del calcio. Ecco perché Lotito vorrebbe avere certezze sul suo futuro alla Lazio anche per il prossimo anno: «Io considero il contratto già rinnovato. A nostro favore abbiamo anche un’opzione per un’ulteriore stagione e non mi lascerò scappare questo fenomeno», ci aveva assicurato il patron. Era arrivata immediatamente la risposta di Pedro col sorriso: «Lo so, il presidente lo sento e ci parlo di continuo, mi vuole e mi apprezza tantissimo, questo mi rende orgoglioso. Ma io non ho detto che andrò via, solo che questo non è il momento di parlare di rinnovo. Non voglio deconcentrarmi nei prossimi tre mesi dall’obiettivo prioritario della Champions in campionato. Poi vedremo che faremo anche in Coppa e in Conference, è troppo presto». Insomma la decisione arriverà a fine febbraio, primi di marzo. Ora Pedrito conta solo i passi del prossimo ballo. Il Messaggero/Alberto Abbate

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