Sabato pomeriggio c'era Martusciello (ancora sotto contratto sino al 2025) all'Olimpico. Forse si poteva puntare sull'ex vice-Sarri o su un traghettatore votato al 4-3-3 rodato quasi un triennio, invece di ritrovarsi in corsa con un ibrido. Forse si sarebbe dovuto scegliere con calma a fine maggio, quando sarebbero tornati in ballo anche Palladino e Italiano. A marzo era disponibile solo Tudor. E ora determinate sue scelte non convincono nemmeno la società, contrariata anche dal cambio Isaksen-Pedro all'intervallo. Nessuno adesso può pubblicamente ammetterlo, farlo sarebbe deleterio. Lotito non può certo tornare indietro, anzi è pronto a tornare a Formello per stargli più vicino: «Sono le prime partite, il nuovo allenatore sta studiando per capire qual è l'assetto giusto della squadra, che è nelle condizioni di poter fare bene ha commentato ieri il patron alla presentazione della nuova segreteria di Forza Italia nella Capitale ma, dal punto di vista del gioco nel derby, avremmo meritato un pareggio». Impossibile senza tirare in porta, anzi beccando una sola volta lo specchio con un tiro sterile da lontano di Castellanos. In tre partite, la nuova Lazio di Tudor ha trovato una sola rete al 93'. Quella rondine al debutto non ha cambiato questa Primavera, né l'antico mal di gol. Anzi, col cambio tecnico, alla sterilità offensiva si è aggiunta pura un'ulteriore fragilità dietro, legata al caos tattico, alla marcatura a uomo (vedi Romagnoli su Mancini sul calcio d'angolo) e ai giocatori fuori ruolo (vedi Felipe Anderson terzino).

Il Messaggero
 

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