Continua la corsa Champions della Lazio. Archiviata la vittoria in casa dello Spezia per 0-3, che ha portato a quattro il numero di successi consecutivi per i biancocelesti, si torna a giocare all’Olimpico. La prima delle ultime otto “Finali” rimaste vedrà la squadra di Sarri affrontare il Torino, reduce dal pari interno contro la Salernitana e, attualmente, 11° in classifica a -10 dal settimo posto. In vista di un match insidioso, ma allo stesso tempo importantissimo per la Lazio, in programma alle ore 18:00, la redazione di LazioPress.it ha intervistato, in esclusiva, un ex calciatore che, nella sua carriera, ha vestito entrambe le maglie: si tratta di Angelo Adamo Gregucci, difensore biancoceleste per ben sette stagioni, dal 1986 al 1993, mentre con i granata ha disputato una sola stagione, proprio quella successiva dopo aver lasciato la Lazio.

 

Rispetto alla scorsa stagione la Lazio è maturata tanto, è consapevole delle proprie forze. In cosa vede maggiormente cresciuta la squadra, come valuta il lavoro di mister Sarri in questi due anni?

“C’è una certezza: se tu dai tempo a Maurizio Sarri e vai dentro la sua filosofia, il prodotto migliora sicuro. In Italia siamo abituati a valutare soltanto i risultati. Per il resto siamo in linea. Anche per merito di un campionato che va smentendosi da solo, per esempio la Milano calcistica fa una semifinale di Champions League, nell’anno in cui il Milan doveva difendere il titolo e l’Inter inanella 10 sconfitte in un campionato, stiamo parlando di anomalia. La costanza, il lavoro uguale allo scorso anno nei principi di Sarri, quest’anno ti porta qualcosa in più, perché il tempo ti nobilita il lavoro, i giocatori capiscono bene nel dettaglio quello che devono fare. Se a Maurizio Sarri dai una squadra, sposi la sua filosofia di gioco, lascialo lavorare perché il risultato è certo.

Il giudizio poi può cambiare, in modo esaltante in base a quanto detto, ma se Milan, Inter e Juventus fanno il loro e, con lo stesso campionato e gli stessi punti ti ritrovi quinto o sesto, il giudizio cambia, pur facendo le stesse cose. Il pareggio della Lazio a Bologna, al triplice fischio, era stato considerato un mezzo passo falso. Al lunedì, dove le altre avevano pareggiato o perso, è stato il trionfo del punto”.

Uno degli aspetti che maggiormente si nota, a livello di crescita, è quello del reparto difensivo. Da ex difensore, quanto è stato importante l’arrivo di Romagnoli? Ma non solo, quanto sono migliorati i compagni di reparto con Sarri?

“Il reparto difensivo è allenato in forma maniacale dal suo allenatore. Noi possiamo discutere se siamo d’accordo o no, filosoficamente, sul modello di difesa, ma non sul particolare e sulla cura di quei dettagli che mister Sarri storicamente ci ha fatto carriera. Più andrà avanti con questa filosofia, più la linea difensiva sarà performante.

Casale veniva da una squadra con uno spartito opposto, non difendeva su reparto, ma su riferimento. Se andiamo a vedere l’inizio alla Lazio, Casale sta due mesi in panchina perché Sarri, prima di farlo scendere in campo, ci ha lavorato tanto tempo per dargli i dettagli. Una volta che ti “butta dentro”, vuol dire che Sarri pensa che non ti toglie più. Fino a che l’allenatore non ha consapevolezza che i dettagli sono messi in campo e che l’input è a menadito, è difficile che ti fa giocare”.

Il Torino alterna buone prestazioni a gare in cui si perde, lasciando punti per strada. Cosa manca alla squadra di Jurić per fare quel salto in avanti definitivo?

“Jurić, nella sua filosofia di calcio, è all’opposto rispetto a Sarri. Vivono proprio su due poli differenti. Ma siccome anche Juric ha un’idea forte di calcio e vuole proporre quell’idea, stando al Torino vuole dare al Toro un brand che, secondo tanti è un po’ più alto di quello che sta facendo vedere in queste ultime stagioni. Il Torino è una nobilissima del calcio italiano, può stare al sesto, settimo posto stabilmente. Purtroppo vedo che Jurić richiama qualcosa, la società a volte lo accontenta, altre volte non si incastrano le situazioni. Per il bene del Toro, bisogna trovare un punto di incontro”.

Quest’oggi si affronteranno proprio Lazio e Torino allo Stadio Olimpico: che partita ci dobbiamo aspettare?

“È una partita difficile per la Lazio. Il Torino è una squadra che ti viene addosso, ama il duello. I biancocelesti devono saper riconoscere le linee di passaggio ma, se non ci sono visto che i granata vengono uomo a uomo, bisogna avere un piano che già hanno fatto vedere, ovvero l’evoluzione di manovra. Può essere una bella partita, considerando anche il momento psicologico molto positivo della Lazio”.

La Lazio, nonostante le assenze di Immobile durante la stagione, ha dimostrato di fare bene anche con il tridente “leggero”. Quanto e dov’è cresciuto di più Felipe Anderson con Sarri sulla panchina biancoceleste? Ci sono delle similitudini con il lavoro fatto con Mertens a Napoli?

“Certo che ci sono similitudini. Perdi Higuain e vai a mettere un attaccante “piccolo”, cambia la tipologia d’attacco: prima si andava dentro la porta, con Mertens devi combinare tecnicamente, è un giocatore che gli piace saltare l’uomo ed attaccare le profondità corte. La stessa cosa vale per Felipe Anderson. Una volta che viene a mancare, in una stagione particolare, un giocatore come Ciro che è sempre stato un fattore, ci ha abituato che per 4/5 anni non saltava una partita, si è pensato a questa soluzione: non c’è Immobile che è un attaccante di profondità, arriva Felipe che non ti dà riferimenti. Cambia il modo ti attaccare ma lo spartito è quello”.

In ottica futura, ovviamente il piazzamento in campionato sarà determinante: che mercato dovrà essere quello della Lazio in vista della prossima stagione? Quali reparti vanno rinforzati principalmente?

“Un giocatore per reparto, io farei tre acquisti ogni anno. Ma l’obiettivo è consolidare il lavoro. Se siamo in Champions abbiamo un margine perché entrano dei soldi. La Lazio il suo telaio base lo ha, ed è altamente competitivo. Quindi il primo obiettivo del mercato è salvare quello. Poi c’è un sacrificio, come può essere quello di Milinkovic-Savic: è stato un decennio fantastico, ma poi bisogna riparare con un titolare nel reparto, di profilo alto. Se non sarà così e questa è la squadra base, mettere dietro alternative giovani, che costano dai 6 ai 7 milioni e che, tra 3/4 anni, possano valere 40/50 milioni. Avere quella visione di cambiarne uno a reparto.

Poi c’è il discorso del settore giovanile: non abbiamo più un settore giovanile a livello della nostra storia. Nella mia esperienza alla Lazio ho visto due, tre squadre vincere il campionato Primavera. Sono usciti giocatori come Giordano, D’Amico, Di Canio, Nesta, Di Biagio. Era un marchio di fabbrica, anche perché rimane ancora oggi uno dei settori giovanili più titolati in Italia. Non attingere da lì, sarebbe un peccato. Mi auguro che ora si guardino le risorse di un patrimonio che, nella storia, è sempre stato élite del calcio italiano. Oltre a quei tre acquisti, mi aspetterei ogni anno un prodotto da metter dentro e farlo crescere con pazienza. Rivedere quel settore, secondo me sarebbe anche la fortuna economica della Lazio”.

La Lazio ha battuto tutte e sei le “big” del campionato, ma è stata la prima ad uscire dalle competizioni europee. Cosa manca ai biancocelesti per essere competitivi in entrambe le competizioni? Deve essere questo lo step principale per l’anno prossimo?

“Nelle competizioni europee ci vuole tradizione, storia. Sono elementi fondamentali soprattutto per la Champions League. Per farteli, c’è bisogno di quel senso di appartenenza, di quei tre giocatori che compri ogni anno di grande livello e che fai crescere in progressione. Porta 18 titolari, vedrai che poi con un po' di mentalità non esci dalle coppe. Se la Lazio raggiunge l’obiettivo, la prossima coppa sarà il girone di Champions. Se ci arriviamo bene si apre uno scenario devastante, anche a livello economico. Se arrivi terzo vai in Europa League, altrimenti quarto vai a casa. Ci aspetta questo al prossimo step europeo. Non è facile, sarà un percorso lungo ma spero logico. Mi auguro che la Lazio possa riprendere una tradizione nelle coppe europee”.

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