Pancaro: "Lo scudetto con la Lazio è stato il punto più alto della mia carriera"
In onore dei 25 anni dal secondo scudetto della Lazio, Giuseppe Pancaro si è espresso ai microfoni di Radiosei

Il 14 maggio del 2000 è una data impressa nella storia della Lazio, infatti, grazie alla vittoria della squadra biancoceleste contro la Reggina e alla sconfitta della Juventus a Perugia, le aquile festeggiano la conquista del secondo scudetto. In onore dei 25 anni dalla Lazio Campione d'Italia, Giuseppe Pancaro si è espresso ai microfoni di Radiosei.
Pancaro a Radiosei
Sui 25 anni dallo scudetto
Nonostante siano passati 25 anni le sensazioni sono sempre di grandissima soddisfazione. Lo scudetto con la Lazio è stato il punto più alto della mia carriera, è stato il sogno di un bambino che si è realizzato. È un un ricordo sempre vivissimo, che porterò con me per sempre.
Se si può definire uno scudetto in stile Lazio
Sì, uno scudetto unico, anche per tutto quello che che è successo.
Ricordo che noi all'epoca, nella migliore delle circostanze, speravamo di poter andare a fare uno spareggio con la Juventus, mai avremmo pensato che la Juve avrebbe perso a Perugia e quindi, ripeto, speravamo di poter andare a fare lo spareggio e invece ci fu il gol di Calori e la vittoria che ci diede la possibilità di vincere uno scudetto, secondo me, in modo meritato.
Sullo scudetto perso contro il Milan
In quegli anni, soprattutto nella stagione precedente, avevamo avuto la possibilità di vincere lo scudetto, non c'eravamo riusciti e nel 2000 quindi è arrivato il finale giusto dopo diverse stagioni fatte bene. Ricordo benissimo la grande delusione dell'anno precedente quando pensavamo di vincere invece poi purtroppo finì come tutti sappiamo; il Milan ci recuperò, ci superò e vinse lo scudetto. Diciamo che per poter vincere a volte, oltre alla bravura e alla forza, ci vuole anche quel pizzico di fortuna che ti aiuta e per noi, l'anno prima, quando vinse il Milan, alcuni episodi furono sfortunati; ricordo magari la partita in casa con la Juventus dove tutta la difesa era squalificata, me compreso, perché venivamo dal post derby, oppure un rigore non dato in Fiorentina-Lazio. Diciamo che gli episodi l'anno precedente non ci premiarono e poi invece, per fortuna, l’anno seguente sì.
Sul pre-gara prima della vincita dello scudetto
Non immaginavamo quell'epilogo stupendo. Noi eravamo veramente in forma straordinaria, nelle ultime 10 partite di quel campionato praticamente vincemmo quasi sempre, stavamo bene fisicamente, stavamo bene mentalmente e quindi la speranza era che la Juventus non andasse a vincere a Perugia e con un pareggio ci sarebbe stato lo spareggio. Noi in quel caso ci sentivamo forti, perché stavamo bene. E invece poi, per fortuna, è finita ancora meglio con l'esplosione che ci fu all'Olimpico, al triplice fischio della sfida di Perugia.
Su Perugia-Juventus
Terminata la nostra gara ho guardato la partita di Perugia con Sinisa e Stanković. Ci sono state scene bellissime. Ognuno poi, l'attesa la viveva a modo proprio. Ricordo alcuni che praticamente non si sono mossi per 45 minuti dal posto in cui stavano. Poi subentra la scaramanzia, subentrano tantissime cose. Il mio, il nostro, con Sinisa e Stanković, era anche un modo forse per far terminare l'attesa, perché non guardare era ancora peggio e quindi in quel momento il tempo a noi ci scorreva un po' più veloce, forse.
Su Eriksson
Quello è stato lo scudetto in primis dei tifosi laziali, di tutto il popolo laziale. È stato lo scudetto di Cragnotti, è stato lo scudetto nostro, però è stato principalmente lo scudetto di Eriksson, io penso che lui sia stato l'artefice principale di quella vittoria; è stato colui che ha creato quel gruppo scegliendosi i giocatori uno per uno ed è stata la persona che, in un ambiente che tutti conosciamo, con alti e bassi, non ha mai perso l'equilibrio, è sempre stato molto lucido, ci ha sempre creduto anche quando eravamo andati dietro alla Juve di tanti punti. Ricordo come se fossi oggi una sua intervista in cui diceva che fin quando c'era la possibilità bisognava crederci, quindi è stato sicuramente lo scudetto di Eriksson, allenatore straordinario ma soprattutto un uomo unico che a me, come a tanti miei compagni, ha dato veramente tanto.
Sul rapporto con Eriksson
Ancora oggi quando parlo di lui mi emoziono e mi reputo fortunato ad aver avuto la possibilità di dargli un ultimo saluto quando è venuto a salutare i tifosi della Lazio all'Olimpico. Lui faceva da equilibratore, non c'è stato mai bisogno che alzasse la voce. Noi in quegli anni eravamo abbastanza caldi di nostro anche in allenamento, nelle partitine, durante la partita e lui è stato sempre molto pacato, ha sempre tenuto i toni bassi e poi era una persona che si faceva voler bene dal primo all'ultimo componente di quella fantastica squadra. Tutti gli volevamo bene, tutti quanti avevamo grande fiducia e grande rispetto e quindi io sono convinto che l'artefice principale della vittoria di quello scudetto sia assolutamente lui.
Su Sinisa
È giusto anche ricordare Sinisa, pure lui è stato uno dei grandissimi protagonisti di quello scudetto, e purtroppo ci ha lasciato troppo presto. Anche lui è stato veramente un uomo straordinario, un uomo al quale io volevo davvero bene perché era una persona tutta di un pezzo, una persona onesta, schietta, leale; col passare degli anni, crescendo, uno si rende conto anche della fortuna che ha avuto nel poter stare insieme a persone di questo spessore.
Sulle punizioni di Sinisa
Per noi, che ci stavamo a contatto tutti i giorni, era la normalità. Col passare degli anni ti rendi conto invece che faceva delle cose che di normale non avevano niente. Io veramente penso che lui abbia avuto, insieme a Maradona, il piede migliore della storia del calcio; lui faceva delle cose che poche altre persone al mondo erano capaci di fare. Spesso allontanava la palla di propositivo, se la tirava un po' dietro perché così aveva la possibilità di farla scendere di più sopra alla barriera quando invece magari molti tendino a portarsela un po' avanti.