È il momento delle riflessioni, di capire cosa sia andato storto. Anche del bagno d'umiltà. Nel derby di domenica sono venuti meno i big, crollati sotto il peso delle aspettative. Nelle difficoltà la Lazio non sa reagire. È l'ennesima caduta di una stagione caratterizzata da un continuo sali e scendi. Nelle ultime settimane c'è solo una certezza: appena si alza il livello, la squadra non è mai stata all'altezza dell'avversario, almeno dal punto di vista del risultato. Il bilancio degli scontri diretti con le top della classe è impietoso: 3 punti su 6 contro Roma e Inter, 2 su 6 contro l'Atalanta, 0 su 6 contro il Napoli, infine 0 su 3 sia con la Juventus che con il Milan. Nonostante la crescita portata avanti con l'arrivo del 2022, il trend non cambiato con l'avvento dell'anno nuovo. Delle prime sei in classifica, la Lazio ha perso contro Inter, Napoli, Roma e pareggiato contro l'Atalanta decimata dagli infortuni. Mancano ancora le partite di ritorno con le formazioni di Allegri e con quella di Pioli, anche se non va dimenticata la batosta rimediata in Coppa Italia: un pesantissimo 4-0 a San Siro. Non è andata meglio in Europa League, con il ko a Oporto (2-1) e il pari all'Olimpico (2-2). Eliminazione ai sedicesimi di finale della competizione europea. «L'approccio non è neanche esistito - l'analisi di Sarri post derby - quel gol ci ha tagliato le gambe. Non abbiamo avuto la forza di rimanere in gara, abbiamo abbassato subito la testa ed è arrivata la sconfitta. Ci dispiace per il nostro pubblico perché perdere così non è bello. Questa è una squadra che quando subisce una sconfitta così reagisce, è chiaro che la non reazione di questa sera ci lascia invece perplessi». E anche l'allenatore da questo punto di vista ha le sue responsabilità. Due su tutte: la scelta di partire con Hysaj (il calciatore meno in forma dell'intero reparto difensivo) e l'assenza di un piano B. Il fatto che la partita fosse stata preparata in un altro modo non può essere un alibi. Dopo il vantaggio di Abraham, calciatori e tecnico avevano 89 minuti per cambiare le cose. E invece si è andati avanti con lo stesso spartito. Non solo la mancata reazione, ma soprattutto le mancate scuse. L'unico a essere andato sotto la Nord è stato Pedro. Che anche in campo aveva provato a protestare con Irrati per le scelte sugli episodi clou della gara. All'indomani l'unica luce è la prestazione del giovane Luka Romero, entrato al 65' al posto di Anderson. Mezz'ora in cui l'argentino classe 2004 ha giocato 18 palloni e concluso 10 passaggi su 11 (il 91%). È anche andato 7 volte a contrasto recuperando la sfera in una circostanza. In questo finale di stagione va provato e riprovato. Intanto si gode la convocazione con la Nazionale maggiore del ct Scaloni. Il Tempo/Daniele Rocca

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