Mancini sui 25 anni dal secondo scudetto: "Venticinque anni dopo, la storia siamo noi"
In onore dei 25 anni dalla conquista del secondo scudetto del club biancoceleste, Roberto Mancini, leggenda della Lazio, si è espresso a Il Messaggero

Il 14 maggio del 2000 è una grande data per la squadra biancoceleste, infatti, coincide con la vittoria del secondo scudetto della Lazio, ottenuto anche grazie alla sconfitta della Juventus sul campo del Perugia. In onore dei 25 anni dalla data storica, Roberto Mancini, leggenda delle aquile, si è espresso a Il Messaggero.
Mancini a Il Messaggero
Sulla scelta iniziale di andare all'Inter
Sì, consideravo conclusa la mia esperienza con la Samp, a cui avevo dedicato quasi tutta la mia vita. Parlai di nuovo con il presidente Moratti, come era accaduto anche qualche anno prima. Ma era destino che io all’Inter sarei andato solo come allenatore.
Se non era andato all'Inter per problemi economici
No, devo dire che Moratti si è preso del tempo e in quel momento arrivò la telefonata di un altro presidente, Sergio Cragnotti. Come sarebbe
accaduto negli anni successivi: quando il presidente decideva un acquisto, procedeva come un lampo. Ricordo il caso Stankovic: Dejan era destinato alla Roma e Cragnotti lo prese in un solo pomeriggio.
Se la Lazio ha auto più coraggio dell’Inter
Mi è bastato un colloquio per capire quali sarebbero state le prospettive. E poi sapevo che sarebbe arrivato Eriksson, con cui avevo condiviso
cinque anni splendidi alla Samp. Ho firmato prima di Sven, se ricordo bene.
Sull'arrivo di Eriksson
Tra me e lui si era creato un legame importante alla Samp, qualcosa di esclusivo e di irripetibile. Mi colpì il modo in cui era riuscito a ricreare la squadra dopo la fine di un ciclo, la cessione di Vialli e una finale di Coppa dei Campioni persa sul filo di lana.
Il paragone tra Eriksson e Boskov
Avevano idee diverse, anche di gioco, ma in comune una caratteristica che nel nostro mondo non è facile trovare: erano persone perbene.
Sull'avventura di lui ed Eriksson alla Lazio
Esperienza fantastica, che avrebbe potuto produrre anche più successi. Un solo scudetto perché l’anno prima ci sfuggì nel finale, pochi risul-
tati in Champions, forse per mancanza di esperienza. Ma in tre anni
abbiamo comunque scritto la storia della Lazio anche con la Coppa delle Coppe e la Supercoppa europea.
Se ad un certo punto Eriksson non sapeva chi scegliere
Sembra un paradosso ma è andata davvero così. La Lazio aveva due squadre fortissime, quasi equivalenti. E per Sven non era facile scegliere,
all’epoca c’erano tre sostituzioni e non cinque. Si girava verso la panchina e si capiva che qualche imbarazzo c’era. E’ stato un grandissimo allenatore e un uomo speciale, forse solo lui avrebbe potuto gestire una situazione del genere».
Sulle liti nello spogliatoio
No, vi garantisco che il gruppo era forte ed era pieno di grandi personalità. Certo, i giocatori esclusi ci rimanevano male, ma sapete perché nessuno si arrabbiava con Eriksson? Perché tutti sapevamo che era una persona perbene, educata, che doveva sopportare il peso delle scelte. Tutti accettavano le sue decisioni senza creargli difficoltà.
Sul caso tra lui e Beppe Signori
Beppe icona della Lazio, poi ha fatto la storia anche a Bologna. Quell’anno non stava bene ma era un fuoriclasse del gol.
Sull'arrivo di Mihajlovic.
Sinisa, quanto mi manca. Una personalità devastante, come quella di tanti altri giocatori della Lazio di Cragnotti a cui va dato il merito ancora oggi di aver creato una delle squadre più forti di tutti i tempi. Noi potevamo perdere solo in una giornata storta, in una partita giocata male. Mai perche ci mancavano carattere e personalità.
Sullo scudetto promesso da Eriksson al Presidente
Sì, è andata così. E Sven ha mantenuto la promessa. Sinisa per me è stato uno dei più grandi giocatori del mondo, sicuramente il più forte della storia sui calci da fermo: gli angoli diventavano occasioni per la squadra, le punizioni si trasformavano in gol. Ma quale Roberto Carlos, lui è stato
di un altro pianeta.
Su Simeone
A noi mancava un Simeone. Mi sono ritrovato accanto a Cragnotti quando stava trattando con l’Inter la cessione di Vieri, che ci aveva portato quasi allo scudetto nel ’99 con un girone di ritorno fantastico. Moratti pretendeva Bobo a tutti i costi e mise nel conto anche il cartellino di Paulo Sousa, un grande giocatore. Ma io dissi al presidente: si faccia dare Simeone, a noi manca uno con le sue doti.
Sul gol di Simone decisivo contro la Juventus
Diego era cattivo, dal punto di vista agonistico, segnava, trascinava,
lottava. In mezzo a tanta classe, eccome se serviva questo argentino con il fuoco dentro.
Su un altro consiglio a Cragnotti?
L’ho citato all’inizio: Dejan Stankovic. Seguivo tutti i giocatori, mi interessavo agli altri campionati e lo segnalai a Cragnotti. Ci mise un attimo a prenderlo, al presidente, a Governato, a Zoff vanno dato i meriti per la costruzione della Lazio più forte di tutti i tempi.
Sullo scudetto perso contro il Milan
Il primo ci è sfuggito dopo lo scontro diretto con il Milan all’Olimpico. Quel gol d Vieri annullato… all’epoca non c’era il Var. La rimonta rossonera ci ha tagliato fuori.
Se lo scudetto è stato rubato alla Juventus
Dopo il ko di Verona eravamo finiti a meno 9, eppure vi giuro ancora oggi che nessuno di noi ha mollato. Era dura, ovvio, ma ci abbiamo sempre creduto soprattutto perché c’era lo scontro diretto a Torino.
Sul gol di Calori
Si vede che era destino, ma quello scudetto ce lo siamo meritati, lo abbiamo costruito nel tempo. Venticinque anni dopo, la storia siamo noi.
Se lo scudetto è stato il momento più emozionante
Chiedo perdono ai laziali e ai sampdoriani: l’abbraccio con Vialli a Wembley non si può battere.