Photo by Grazia Neri/Getty Images via Onefootball
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Seconda parte

Ora i luoghi: stadio Louis II. 

La Supercoppa Europea vinta contro lo United campione di tutto, nel 1999. Il manifesto di come quella Lazio, oggi, avrebbe vinto cinque scudetti di fila. Ci è mancata solo la Champions. Colpa di quella maledetta partita col Valencia ai quarti. Se avessimo giocato l’andata altre sei volte, non avremmo preso 5 gol.

Stadio Olimpico, 14 maggio 2000. Il giorno dello scudetto.

Ci ho sempre creduto. Anche dopo quel gol annullato a Cannavaro. Come disse Simeone, nel calcio c’è sempre giustizia. Io feci avanti e indietro dalla palestra allo spogliatoio. Conservo ancora le foto di mia moglie. Le dissi di portare la macchina fotografica: ero sicuro che avremmo vinto.

Ha mai avuto offerte per andare via?? 

Nel 1998 fui a un passo dal Real Madrid. Avevo iniziato il trasloco, ma Cragnotti non mi liberò. Ha avuto ragione: quella Lazio valeva i Blancos.

Cosa ha rappresentato la Lazio? 

Una scintilla. Qualcosa che ti entra da dentro e non esce. I tifosi mi hanno sempre voluto bene, anche dopo l’autogol del 2001 con la Roma. L’ho sofferto parecchio, ma mai come l’addio.

È il rimpianto più grande? 

L'unico. Avrei chiuso la carriera nella Lazio. Nel 2005 Lotito mi mise fuori rosa perché rifiutai di spalmare il contratto, quindi andai a Siena. La sorte mi ha ripagato: giorno della mia ultima partita, il 27 maggio 2007, segnai il gol vittoria che salvò il mio Siena proprio contro i biancocelesti.

"Il calcio di oggi mi annoia". Come mai?

Quando vedo che un difensore prende palla e la passa al portiere, penso a ciò che avrebbe detto Zeman. Io non ero un fenomeno, ma le mie otto partite in Nazionale nell’era di Maldini, Cannava ro, Nesta e tutti gli altri sono una medaglia. 

Con l’offerta giusta ripartirebbe? 

Certo, il calcio è la mia passione. Nel frattempo, mi godo l’orto. Ho costruito un gioiellino in giardino, ma coi gradoni di Zeman faticavo meno.

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