Lazio, Marchetti: "Roma è casa mia. Esclusione dalla rosa? Un errore e ti mettono in croce"
L'ex biancoceleste Federico Marchetti si è raccontato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, ecco le sue parole

L'ex portiere del club biancoceleste Federico Marchetti si è raccontato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.
Il ruolo della fede per la guarigione dalla depressione
Fondamentale, altroché. Ero depresso, non ho vergogna nel dirlo. Avevo smarrito me stesso, non riuscivo nemmeno più a tuffarmi tra i pali". Sul rifiuto di scendere in campo ai tempi del Cagliari ha poi aggiunto: "Stavo male, non ero nello stato mentale adatto per scendere in campo. Lo dissi al preparatore dei portieri. “Non me la sento”. Non fu capito. Giocavo a Cagliari e la società insabbiò tutto: venne solamente comunicato che ero infortunato. In realtà avrei avuto bisogno di sostegno, non di essere lasciato solo. La depressione è una malattia, va trattata con serietà.
I ricordi alla Lazio
Magici. Ancora oggi capita per strada di incontrare chi mi ferma e racconta ai figli: 'Lui era il portiere della finale del 2013'. Siamo diventati immortali con quella vittoria.
Le sue colpe dietro l'esclusione dalla rosa
Mah, sinceramente no. Roma è una piazza complicata, fai un errore e ti mettono in croce. Ricordo i commenti: 'Mo’ questo si deprime di nuovo'. Poi c’erano voci su di me che uscivo la sera e avevo vizi particolari: tutte bugie. Ma capisco che uno che fa uso di cocaina faccia fare più click di un depresso.
Il rapporto con la Lazio
Roma è casa mia. Ci vivo ancora. Quelle lacrime furono un gesto doveroso, anche se vestivo un’altra maglia in quel momento. Era la prima volta che tornavo all’Olimpico. I tifosi rossoblù non la presero bene, mi venne dato del laziale.










