Come fosse una metafora della sua situazione alla Lazio. Nel corso della partita vinta venerdì contro lo Spezia, Marcos Antonio ha superato Agudelo in velocità, arrivando a toccare, negli oltre 60 metri percorsi, una velocità di punta di 33 chilometri orari. Nemmeno il suo sprint migliore, considerando che allo Shakhtar Donetsk fece registrare un picco di 38,6 km/h. Ha messo la freccia, girando intorno all’avversario, e realizzando la rete del 3-0, la sua prima da quando è arrivato in Italia. Il sorpasso però il brasiliano punta a farlo anche nelle gerarchie. Sarri stravede per lui, anche se in questa stagione gli ha concesso poco spazio: meno di 500 minuti su 3780. «Sono contento per Marcos, che è forte - ha detto il tecnico - Fatico a inserirlo perché spesso mi serve fisicità, ma in allenamento dimostra qualità eccezionali». Prima di acquistarlo, Sarri aveva parlato con De Zerbi, che lo aveva allenato in Ucraina. Le referenze erano ottime, lo sono anche i riscontri. Per questo l’obiettivo di Marcos Antonio è quello di ritagliarsi più spazio nella prossima stagione, quando probabilmente qualcuno degli interpreti dell’attuale centrocampo se ne andrà (il maggiore indiziato è Milinkovic) e il reparto verrà modificato cercando di sfruttare meglio le sue caratteristiche. In tal senso c’è un precedente curioso in casa Lazio: nel 2016-17 Luis Alberto, appena arrivato a Roma, giocò pochissimo. Meno di 400 minuti. Doveva adattarsi, e Inzaghi doveva trovare il modo di inserirlo, ci riuscì l’anno dopo. Il Mago, inoltre, nel suo anno d’esordio con la Lazio, segnò un solo gol: era a Genova (sempre in Liguria, come quello di Marcos Antonio, arrivato a La Spezia, a 103 chilometri di distanza da Marassi), quando realizzò la sua prima delle 12 reti dalla distanza in biancoceleste (di cui 10 su azione e 2 su punizione). Anche per quell’acuto decise di restare nonostante le difficoltà affrontate. Le similitudini con i gol di Luis Alberto e Marcos Antonio però non finiscono qui: anche lo spagnolo segnò in questo periodo dell’anno (era il 15 aprile, il brasiliano ha colpito il 14), e in quella partita entrò in campo a gara quasi finita (81’ al posto di Parolo, mentre Marcos è entrato al 79’). Ed ecco perché il gol del brasiliano sembra una metafora: uno scatto per sorpassare gli altri nelle gerarchie. Come fece Luis Alberto. Corriere della Sera/Elmar Bergonzini

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