Eppure, a pensarci bene, è passato solo poco più di anno da quel pomeriggio di maggio del 2021, in cui Simone Inzaghi decise che il suo tempo alla Lazio era finito. La rivoluzione non è ancora completata, ma è a buon punto: della Lazio che fu dell’allenatore che venerdì si presenterà per la seconda volta all’Olimpico da avversario (e la prima, per i biancocelesti, è stata un trionfo) sono rimasti pochi calciatori e ancora meno concetti di gioco. Maurizio Sarri ha dovuto ereditare il lavoro non di una stagione, ma di cinque, e le difficoltà di adattamento all’inizio sono state evidenti: giocatori abituati a un modulo (il 3-5-2, o 5-3-2 in fase difensiva) e catapultati in una nuova realtà, schemi provati e riprovati, metodi di allenamento differenti. Le prime versioni della Lazio di Sarri tanto somigliavano a quella del suo predecessore, ma soprattutto questo calciomercato, che è ancora aperto e che potrebbe regalare un terzino sinistro, è stato il primo in cui Sarri ha davvero potuto fare la lista della spesa e creare la squadra a sua immagine e somiglianza.

In tre sessioni, sono arrivati 16 nuovi calciatori: sei nella prima estate sarriana (Hysaj, Felipe Anderson, Basic, Romero, Pedro e Zaccagni), due lo scorso inverno (Cabral più Kamenovic, tesserato ma già a Formello), ben otto nelle ultime settimane. Due portieri (Maximiano e Provedel), tre difensori (Romagnoli, Casale e Gila), due centrocampisti (Marcos Antonio e Vecino) e un attaccante (Cancellieri).

Simone Inzaghi, alla guida dell’Inter, venerdì sera ritroverà una Lazio stravolta rispetto a quella che ha lasciato: sono rimasti i big, da Immobile a Milinkovic-Savic e Luis Alberto, ma i compiti chiesti da Sarri soprattutto allo spagnolo sono differenti dal passato, anche perché in mezzo al campo non c’è più Lucas Leiva ma si alternano due registi con caratteristiche molto di- verse come Cataldi (che Inzaghi conobbe prima di tutti, avendolo avuto anche in Primavera) e soprattutto Marcos Antonio. Se Marusic, diventato il quarto difensore a sinistra, con Inzaghi era il quinto (in alternanza a Lulic) ma in situazione di emergenza si era trovato a fare anche il terzo centrale, Manuel Lazzari è stato il giocatore che più di tutti ha risentito almeno inizialmente della rivoluzione, ammettendo anche pubblicamente che giocare a cinque fosse un altro calcio rispetto a farlo a quattro. Inzaghi e Lazzari si abbracceranno, l’Olimpico farà lo stesso con il suo ex condottiero, come un anno fa: perché una vita insieme non si dimentica. CorriereDellaSera

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