Zitto, zitto, è diventato un caposaldo. Cataldi è polmoni e cuore della Lazio. Anzi, laziale e romano, è l’unico prodotto del vivaio. Sarri lo ha rilanciato, ma il resto lo ha fatto Danilo. Sarà quella passione per i Lego, ma a 28 anni ha proprio ricostruito il suo futuro. Povero Marcos Antonio, acquistato in estate dallo Shakhtar per essere il nuovo titolare, Cataldi non gli ha lasciato scampo: «Quel posto è mio». Aveva rinunciato alle vacanze pur di farsi trovare pronto in ritiro ad Auronzo. Alimentazione e allenamento, nel giardino di casa un piccolo orto per mangiare ancor più sano e una palestra per irrobustire il fisico. I risultati si vedono: Cataldi oggi sembra davvero un altro, più maturo dopo un anno di rodaggio ad alternarsi con Leiva in mezzo al campo. Aveva solo bisogno di fiducia, Simone Inzaghi lo aveva relegato in un angolo. Il regista ora vuole sfruttare questo momento d’oro. Non esce più, se non per difendere la sua Lazio. Il giudice sportivo lo aveva bloccato per un’espressione blasfema nel tunnel degli spogliatoi, dopo il ko contro il Napoli all’Olimpico. Club in silenzio, Danilo era invece furioso per il gol-non gol di Kim, si stava sfogando per il rigore non concesso su Lazzari con il proprio addetto agli arbitri Gabriele, è stato punito. Lui è così, d’impeto, generoso: nel recente passato ha persino contribuito all’intervento di un ex ragazzo delle giovanili, fermato da un crack al ginocchio, senza mai pubblicizzarlo. Capitano senza fascia, anche se Pioli gliel’aveva stretta al braccio anni fa. Perché Cataldi sente più di chiunque altro la responsabilità della maglia che indossa, l’ha trasmessa alla sua famiglia. Crede nella provvidenza: il figlio Tommy è nato il 6 maggio 2019, una settimana prima della finale di coppa Italia vinta contro l’Atalanta. Adesso il bimbo è sempre con mamma Elisa in tribuna, scende sul prato dell’Olimpico col completino a fine gara. Come Immobile, Danilo ormai è un aiuto pure per la società: ha chiamato Romagnoli tutti i giorni per convincerlo a tornare a casa.

Ora c’è un leader per reparto, Cataldi è quello della mediana, lo schermo davanti alla difesa, la testa: 6 gare su 6 in cui è stato a disposizione in campionato, a cui vanno aggiunte le 2 partite di Europa League contro Feyenoord e Midtjylland. Dopo la batosta in Danimarca, Cataldi decisivo anche in ritiro a Piacenza. Ha suonato la riscossa, lui stesso si è ripreso la scena a Cremona: è stato il calciatore che ha percorso la distanza maggiore (12,539 chilometri) nei 90’ allo Zini, davanti a Felipe Anderson e Sernicola. Dinamismo e qualità, concentrazione e intelligenza, Danilo è il primo in classifica della Lazio anche per il numero di possessi riconquistati (7), ha l’81% dei passaggi riusciti, 17 li ha giocati verso la porta. A fine primo tempo ha intercettato sulla trequarti il rinvio di Radu, l’ha rispedito in due tocchi a Immobile in area: da lì è nato il 3-0 di Milinkovic che ha fatto partire i titoli di coda. Come l’idolo Roger Federer, con un piede al posto della racchetta. Nessuna intenzione di fermarsi proprio adesso che ha fatto lo scatto di mentalità. Lo scaramantico Danilo ha indovinato gli scarpini portafortuna, grigi con una sfumatura rossa. Al termine dell’ultima partita in casa, li aveva donati a una fondazione, salvo riprenderseli e scambiarli con un altro paio, dopo non averci dormito una notte intera. Insonne anche quella della prima convocazione dell’Italia e dell’esordio a Empoli nel 2016 contro il Liechtenstein. Con questa crescita, Cataldi spera di riprendersi l’azzurro, anche se Mancini lo ha chiamato una sola volta sinora. Calma, silenzio, prima o poi il sudore premia. Intanto la bandiera biancoceleste Cataldi sventolerà anche domenica contro lo Spezia. 

Il Messaggero/Alberto Abbate

 
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