Nuovo ultimatum del Comune ai biancocelesti: “Hanno tempo fino a dicembre, altrimenti sceglieremo altre proposte”.

Fino a dicembre. Poi, con i botti di Capodanno, rischia di svanire il sogno dei tifosi della Lazio di traslocare al Flaminio. "Possiamo aspettare al massimo la fine del 2022, poi valuteremo altre strade", è la linea di Alessandro Onorato, assessore allo Sport della giunta Gualtieri. Un proposito chiaro, ribadito con l’ennesimo ultimatum anche durante la commissione Sport di ieri, convocata proprio per fare luce sull’impianto simbolo del degrado capitolino. "Lotito ha tutti i documenti da oltre un mese, siamo in attesa di un progetto che ancora non c’è. È tutto nelle sue mani. I vincoli? Fare la copertura è possibile. E la capienza, per esempio, si può aumentare abbassando il livello del campo. Ma dobbiamo avere qualcosa di concreto per andare avanti e parlarne", spiega Onorato. Insomma, massima disponibilità e voglia di aprire un tavolo con la Lazio, a patto però di ricevere prima un progetto. Senza uno studio di fattibilità infatti non si può aprire una conferenza dei servizi, sono le regole del gioco.

In fondo si stratta dello stesso iter seguito dalla Roma per Pietrata. Lotito però "non vuole scadenze con la clessidra" e al momento non è intenzionato a presentare alcun progetto. "Siamo in alto mare", confessano da Formello. Il motivo? Il patron laziale, appena eletto senatore tra le fila di Forza Italia, prima di aprire il portafogli vuole avere certezze sull’esistenza di condizioni basilari: riecco la copertura dell’impianto e la necessità di avere una capienza da almeno 45 mila spettatori.

Insomma, Lotito la pensa in maniera opposta all’amministrazione, che non può dare certezze a un privato senza avviare una Conferenza dei servizi. Da qui il cortocircuito, venuto fuori già in occasione del centenario della nascita di Maestrelli. La morale? "Passano i giorni e non succede nulla, anzi, l’impianto si degrada sempre di più", spiega a Repubblica Elisabetta Margiotta Nervi, segretaria generale della Pierluigi Nervi Project Foundation. "Siamo delusi — continua l’erede del creatore del Flaminio — abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere. Abbiamo elaborato, con la Getty Foundation e La Sapienza, un piano di conservazione per la tutela che la vecchia amministrazione ci aveva assicurato di utilizzare per restaurare il Flaminio. Ci aspettiamo che anche la giunta Gualtieri lo faccia".

Sulla possibilità che il Flaminio diventi la nuova casa della Lazio Elisabetta Margiotta Nervi non si espone: "Non posso commentare qualcosa che non esiste, non posso sapere se è coerente con i vincoli del Piano di conservazione. La strategia di Lotito non la capisco: non è l’amministrazione comunale che deve proporre, il Comune valida, approva o respinge un progetto che riceve. La giunta non può dare assicurazioni senza vedere un progetto concreto. Non è mai successo. Quando avremo un progetto si potrà dare un parere, ovviamente con l’avallo della Soprintendenza, visto il vincolo di tutela. Lotito facesse almeno lo sforzo di realizzarlo".

Il progetto laziale "dovrà essere molto tecnico e sperimentale, sarebbe unico al mondo" spiega l’architetto Cinzia Esposito, vicedirettrice generale del Comune. Che poi mette sul piatto le condizioni per arrivare a dama: "Roma non può ragionare come Londra o Milano, qui ci sono secoli di storia da conservare. La copertura? Con delle strutture portanti auto-sospese che possono coprire l’impianto, aumentandone la capienza, senza opprimerlo a livello visivo e soprattutto senza intaccare l’opera di Nervi". Così si può convincere anche la Soprintendenza.

Lo riporta La Repubblica.

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