Ciro al buio. A Formello tutti temevano questo verdetto al rientro definitivo in campo. L'assaggio col turbo, quasi di nervi contro la Fiorentina, aveva forse illuso i tifosi che Immobile fosse davvero già tornato al top, dopo appena 15 giorni dall'ennesimo stiramento al flessore destro. La prima frazione dello Stadium conferma invece che ci vorrà del tempo per rivedere il vero capitano: ha bisogno di allenamenti, partite, deve ritrovare la migliore condizione e il ritmo. Ma è un problema serio per la Lazio che, dopo aver già salutato due com-petizioni, ha bisogno dei suoi gol (sinora hanno inciso al 20%) per la corsa Champions. Lo stesso Ciro è preoccupato, i numeri contro la Juve non lo confortano: 45' giocati, 4 passaggi riusciti (precisione del 50%) - peggio solo De Sciglio - e meno palloni smistati (14) di chiunque altro biancoceleste, persino di Basic (15) e Casale (19) subentrati a Torino a una manciata di minuti dal gong. Immobile era rientrato col veleno a gennaio, dopo quasi due mesi passati ai box. Aveva segnato invano a Lecce ed era ricaduto nello sconforto dopo il Sassuolo. Ora però cerca comunque di tirar su la Lazio: «Dispiaciuti, ma non c'è tempo di pensare a quello che è stato fatto, guardiamo avanti. Testa a Verona, subito». Mai Ciro aveva collezionato appena 7 reti alla 20esima giornata di campionato, 8 in totale in 20 gare, dal suo sbarco alla Lazio. Mai era stato così tanto infortunato: «Il rammarico è non averlo quasi mai avuto que-st'anno», ha più volte sottolineato Sarri, lanciando anche messaggi impliciti ed espliciti a DI Lotito. Fra pochi giorni Immobile compirà 33 anni, sembra ancora un ragazzino, ma non può essere eterno. Ecco perché Maurizio invocava in intervento immediato in attacco, senza aspettare giugno. Bonazzoli rischia d'essere un rimpianto: forse non avrebbe spostato nulla, di sicuro avrebbe dato una gran mano. Anche perché pure il tridente leggero ora e sin troppo spremuto. Senza Ciro, la Lazio ha sì conquistato 15 punti, con una media di 1,8 a incontro, ma dopo l'exploit col Milan il calo li davanti è vistoso. Scena muta allo Stadium, come contro la Fiorentina appena un tiro nello specchio (la punizione di Cataldi nel secondo tempo). Più in generale, nel nuovo an no, i biancocelesti non vedono la porta, non concludono nulla dopo il palleggio: 6 tiri contro il Bologna il punto massimo, 4 e 3 con Empoli e Sassuolo. E Zaccagni ora è affaticato, Felipe Anderson poco lucido, il "vecchietto" Pedro va sempre gestito: «Dimentichiamo l'eliminazione- la carica dello spagnolo - e ora prendiamoci i tre punti in campionato». Tradotto: da dopodomani a Verona (già 1360 tifosi presenti nel settore Ospiti) tutto sulla Champions, anche se il calendario mette un bivio di mezzo. Rimangono sei gare in questo febbraio, dentro ci sono andata e ritorno di Conference contro il Cluj nei play-off. Si giocherà ogni 4-5 giorni, Sarri potrà preparare le sfide al meglio, ma il nodo rimane sempre lo stesso: l'organico è corto. O meglio, Maurizio si fida poco delle alternative, giocano sempre gli stessi, soprattutto in attacco. Nel 2023 sono spariti Cancellieri e Luka Romero: II' a Lecce per l'esterno romano; appena 10' in Coppa col Bologna e 17' in campionato persino per il baby argentino, che prima dello stop per il mondiale sembrava in grande rampa di lancio e ha rinunciato al Sub20 Sudamericano per la Lazio. Gli erano state promesse almeno 10 presenze quest'anno per convincerlo a restare e Lotito ha sempre giurato: «Non c'è nessun problema sul rinnovo». Eppure la firma starebbe slittando proprio per un improvviso rilancio sull'ingaggio. Il Messaggero/Alberto Abbate

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