Foto di Gerd Scheewel/Bongarts/Getty Images via onefootball
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Le scorse dichiarazioni di Diego Fuser a La Gazzetta dello Sport 

L'esordio nel Torino e il tifo per la Juventus 

Colpa di papà? Sì, mi portava lui allo stadio. Fino agli allievi sono andato tutte le domeniche, poi ho smesso. Il mio idolo era Tardelli, mi piaceva da matti come stava in campo. Se con il tempo sono diventato del Torino? Sì, già dalla Primavera. Del resto, quando giochi contro la Juve ti accorgi di tante cose e non puoi tifarla più.

Il periodo al Milan 

Il primo anno forse non ero al livello giusto. Il secondo, invece, dopo il prestito alla Fiorentina tornai a Milano convinto di potermi giocare le mie carte. Capello, però, in ritiro provò Gullit esterno destro e funzionò, così giocò Ruud quasi tutto l’anno. E a giugno chiesi di andare via.

Sul fatto Zoff che lo voleva alla Lazio

Scelsi i biancocelesti per quello. Sono stati quattro anni bellissimi, ho avuto l’onore di indossare la fascia da capitano e sollevare coppe. Dispiace per come è finita. Se mi aspettavo un altro trattamento? Dopo tutte le soddisfazioni che ci siamo tolti sì, credo che lo avrei meritato. Sono stato lasciato andare come fossi uno dei tanti. Diciamo che il suggerimento arrivò da chi non faceva l’allenatore ma era come se lo facesse. Non è un segreto che Mancini avesse molto potere in quella Lazio. Eriksson lo ascoltava molto. Mandarono via me, Signori e altri. Avevano altri piani. Se ne ho mai parlato con Eriksson? Mi disse che se a Parma mi davano più soldi sarei dovuto andare. La Lazio non fece nulla per tenermi.

Il periodo alla Roma

Prima di Roma-Parma, ultima di campionato, Capello mi avvicinò durante il riscaldamento e mi chiese se l’anno successivo sarei andato a giocare con loro. Io dissi di sì immediatamente. Poi, qualche settimana dopo, formalizzammo tutto. La prima annata fu molto positiva. Sfiorammo il secondo scudetto consecutivo e giocammo la Champions. La stagione successiva, invece, ci furono un po’ di incomprensioni con la società. Giocai poco, ma avevo già la testa altrove. Iniziavo ad avere problemi più grandi del calcio Torto alla Lazio? Ripeto, non mi aspettavo un trattamento del genere. Sono legato ai biancocelesti, insieme abbiamo passato stagioni bellissime e non sarei mai andato direttamente alla Roma. Ma avevo fatto tre stagioni a Parma, non immaginavo di scatenare tante reazioni negative. Spesso i tifosi non capiscono che per noi è un lavoro. Rispetto e capisco la passione, però ritengo che ogni tanto ci voglia un po’ di rispetto per chi ti ha dato tutto. Pensi che la Lazio non mi ha mai invitato all’Olimpico...

Se ha qualche rimpianto

Legato alle mie scelte no. Ne ho uno sulla nazionale: la mancata convocazione all’Europeo del 2000 mi ha fatto male.

La Nazionale di Zoff

Avevo giocato tutte le partite delle qualificazioni, come con Maldini due anni prima. Però con Zoff il rapporto era diverso. Mi ero infortunato, ma stavo recuperando e glielo dissi, lui decise comunque di non portarmi. È una ferita che non si è mai del tutto rimarginata.

Sulla malattia del figlio Matteo

Sì, scappavo dagli allenamenti per correre da mio figlio. Uscivo e passavo la serata in ospedale con mia moglie. Abbiamo lottato tanto. Anche Matteo lo ha fatto. Purtroppo ci sono circostanze in cui nessuno può farci niente. In cosa mi ha cambiato? In tantissime cose, mi creda. È stato un evento che ha stravolto la nostra vita, devastandola per sempre. Ti segna dentro, è difficile da spiegare. Provi ad accettarlo ma cerchi risposte che non esistono. Non penso ci sia un dolore grande come la perdita di un figlio. Niente è stato più come prima. Allo stesso tempo, però, il suo esempio mi ha dato tanta forza, viviamo per lui ogni giorno.

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